L’agriturismo non è figlio di un dio minore. È questa la denuncia affermata a gran voce dai rappresentanti del settore che in questi giorni si sono riuniti a Roma per portare le loro ragioni davanti al Governo Monti, “colpevole” di aver previsto, nel pacchetto di riforme per il risanamento del bilancio, il pagamento dell’Imu anche per i fabbricati rurali, oltre che sui terreni e le strutture necessarie per la gestione delle coltivazioni.
Questo, secondo l’opinione dei vertici di Confagricoltura, e in particolare Agriturist (associazione che segue da vicino il panorama dell’agriturismo in Italia), rischia di mandare in fumo anni di lavoro spesi per creare un’opportunità di reddito per le imprese agrituristiche le quali hanno contribuito anche alla valorizzazione e al recupero edilizio e paesaggistico del territorio del nostro Paese. Nella mattinata di oggi, Agriturist ha presentato, nel corso di una conferenza stampa, la 37esima Guida Agriturist, che raccoglie le migliori realtà presenti nel nostro Paese, e le stime relative al settore. Il centro delle osservazioni si è focalizzato da subito su quanto la nuova imposta sugli immobili graverà sulle imprese agrituristiche del nostro Paese.
Le 20 mila aziende agrituristiche italiane spenderanno in Imu circa 24 milioni di euro per le sole strutture destinate all’ospitalità: su un fatturato complessivo pari a circa 1.150 milioni di euro e un utile d’impresa di 280 milioni, il taglio al reddito sarà nell’ordine del 17%. Questo porterà, stima Agriturist, a un considerevole aumento di situazioni di rischio chiusura per molte imprese (circa il 5% di quelle attualmente operanti). Il tutto avverrà in un contesto nient’affatto roseo per il turismo italiano in generale.
Nel Bel Paese i risultati registrati dal settore nel 2011 ricalcano il mediocre andamento dell’anno precedente. Lo stesso Ministro Piero Gnudi ha evidenziato che negli ultimi 10 anni il settore ha perso più del 25% delle quote di mercato e si è detto consapevole del fatto che occorre intervenire quanto prima per evitare il collasso. Continua infatti a far ben sperare solo la domanda proveniente dall’estero (+6,1%), mentre la domanda interna fa registrare una preoccupante caduta di punti percentuali (-16%), soprattutto per effetto della crisi economica. In questo quadro, l’unica nota positiva la fanno registrare gli agriturismi che sono cresciuti quasi del 10%, confermando che il mondo agricolo può rappresentare un importante volano per il rilancio del turismo in Italia.
Per questo motivo, la Presidente di Agriturist, Vittoria Brancaccio, ha rimarcato lo stretto legame che esiste tra agricoltura e imprese turistiche, due realtà accomunate dallo stesso destino: “Esse sono pilastri dell’economia italiana in termini di fatturato e occupazione ancora poco considerati dalla politica perché frammentati in tante piccole realtà che non fanno il gioco di affarismimi speculativi”. Per questo motivo si sta cercando di richiamare in tutti i modi l’attenzione del Governo sulle questioni più stringenti da affrontare per evitare che il lento declino degli ultimi anni si trasformi rapidamente in una disfatta per molti imprenditori che hanno investito risorse nell’accoglienza agrituristica. Le previsioni di andamento del mercato nel 2012 non lasciano ben sperare. Si prevede infatti un rallentamento della crescita dell’offerta: dopo il +5% del 2010, rilevato da Istat, e il +3,6% stimato per il 2011, quest’anno probabilmente non si andrà oltre il 3,4%. Parallelamente calerà anche la domanda, per la quale Agriturist presuppone una riduzione del 4%.
Cosa fare allora? Vittoria Brancaccio, così come il Presidente di Confagricoltura Mario Guidi, indicano una scadenza precisa e una serie di punti chiave su cui intervenire per fermare il collasso. “Entro i prossimi tre anni si dovrà elaborare e attuare un nuovo modello di sviluppo, coerente con le caratteristiche e le risorse dell’economia italiana, nel quale agricoltura e turismo abbiano il ruolo che meritano”.
Le priorità riguardano soprattutto la messa in sicurezza del territorio dal dissesto idrogeologico, la sottrazione di suolo destinato all’attività agricola, la promozione delle produzioni tipiche di ciascuna area, il monitoraggio e il coordinamento del sistema dei trasporti e dei servizi affinché il turista possa accedere facilmente anche nell’entroterra. Infine occorre offrire alle organizzazioni di categoria opportunità di aggiornamento professionale per far fronte alla concorrenza internazionale. “Il tempo dell’improvvisazione è finito”, enfatizza Brancaccio, “occorre che politica e specialisti del settore lavorino concretamente per la valorizzazione delle risorse, altrimenti non ci sarà futuro”. Triste prospettiva per 19.973 aziende agrituristiche che promuovono un modo diverso di “fare vacanza” che sembra incontrare il gradimento dei turisti provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo.
 
di Elena Leoparco


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