Il Manifesto ha annunciato ieri che verrà avviata la liquidazione coatta amministrativa. “Siamo alla prova cruciale, al corpo a corpo con la nostra stessa vita materiale e politica” si legge nell’editoriale che fa bella mostra di sé sulla homepage del quotidiano. “È una procedura cui siamo stati costretti dai tagli alla legge dell’editoria. Noi, come altre cento testate, nazionali e locali, non potremo chiudere il bilancio del 2011. Mario Monti e il ministro Passera potrebbero riuscire dove Berlusconi e Tremonti hanno fallito. Usiamo il condizionale perché non abbandoniamo il campo di battaglia e siamo ancora più determinati a combattere contro le leggi di un mercato che della libertà d’informazione farebbe volentieri un grande falò” continua. Ma il problema è che questa non è una vicenda che riguarda solo Il Manifesto: altre testate (nazionali e locali), cooperative, non profit, di idee e di partito potrebbero fare la stessa fine a causa del drastico taglio (50%) ai contributi pubblici all’editoria, un taglio che Franco Siddi, segretario generale della Fnsi ha commentato così: “Un provvedimento che rischia di cancellare i giornali di idee, un asse prezioso per il pluralismo dell’informazione, un bene pubblico. Una realtà formata da cooperative vere e da giornalisti veri che fanno informazione con coerenza e serietà. Il Manifesto – ha aggiunto Siddi –, da oltre 40 anni alimenta il dibattito ed è fonte del pensiero critico della sinistra italiana, costretto alla chiusura per l’improvviso disinteressamento dello stato”.
Anche Mediacoop non fa sconti al Governo e fa sapere che “la messa in liquidazione de Il Manifesto è una sciagura per tutto il Paese. Senza interventi tempestivi il disastro dell’editoria cooperativa, no profit, di idee e di partito è inevitabile”.
“Non è finita finchè non è finita” fanno sapere dallo storico quotidiano che fa appello ai suoi lettori:  “State con noi, comprateci tutti i giorni, abbiamo bisogno di ognuno di voi. Adesso che tutti hanno imparato lo slogan dei beni comuni, lasciateci la presunzione di avere rappresentato una delle sue radici, antica e disinteressata. Ed è per questo che nell’origine della nostra storia crediamo di vedere ancora una vita futura”.


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