A rischio l’acquifero del Gran Sasso in Abruzzo, che rifornisce oltre 700 mila persone. “Gallerie autostradali e Laboratori sotterranei dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare rendono insicuro uno dei più importanti bacini idrici dell’Italia centro-meridionale all’interno di un Parco nazionale”. È la denuncia che arriva dalle associazioni che compongono l’Osservatorio indipendente sull’acqua del Gran Sasso, che questa mattina ha tenuto una conferenza stampa in Senato per sollevare l’attenzione sulla situazione di “grave pericolo” per l’acquifero del Gran Sasso in Abruzzo che rifornisce d’acqua circa 700.000 cittadini delle province di L’Aquila, Teramo e Pescara.Tutto questo proprio quando si sta discutendo la dichiarazione dello stato di emergenza, chiesta dalle Regione, e la nomina di un commissario straordinario governativo.

A settembre inizierà il processo sulle accuse di reato ambientale. Mentre è annunciata per il 19 maggio, da parte di Strade dei Parchi Spa, concessionaria delle autostrade A24 e A25, la chiusura delle gallerie autostradali. Il traforo del Gran Sasso rischia dunque di rimanere chiuso in entrambe le direzioni e la concessionaria intende procedere su questa decisione “per evitare di incorrere in ulteriori contestazioni correlate a presunti pericoli di inquinamento delle acque di superficie”, si legge in una nota stampa.

Oggi l’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso, promosso dalle associazioni Cittadinanzattiva, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Guardie Ambientali d’Italia – GADIT, FIAB, CAI, WWF e Italia Nostra, ha dunque tenuto una conferenza per lanciare l’allarme sulle acque del Gran Sasso. “L’acquifero è reso insicuro dalle due gallerie autostradali dell’A24 Roma-Teramo (oltre 10 km ciascuna), attualmente gestita dalla Strada dei Parchi SpA, e dai Laboratori sotterranei dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che sono stati realizzati sotto il Gran Sasso dal 1969 al 1987, a diretto contatto con la falda”, spiega l’Osservatorio.

Negli anni l’acqua della falda è stata captata e usata per la distribuzione potabile. Ma, ricorda l’Osservatorio, “la mancata impermeabilizzazione delle gallerie e dei Laboratori ha determinato negli anni molteplici problemi, i più gravi dei quali si sono verificati il 16 agosto del 2002 quando una fuoriuscita di trimetilbenzene durante un esperimento condotto nei Laboratori determinò la perdita della sostanza nell’acquifero e da questa nella rete di distribuzione, e l’8/9 maggio del 2017 quando per due giorni fu vietato il consumo di acqua in gran parte della provincia di Teramo a seguito dell’intervento della ASL che aveva evidenziato problemi nell’acqua proveniente dalle captazioni del Gran Sasso”.

Questo secondo caso è alla base del processo che il 13 settembre inizierà al Tribunale di Teramo e  che vede imputati i vertici della Strada dei Parchi SpA, dell’INFN e della Ruzzo Reti. I reati contestati sono l’inquinamento ambientale (art. 452 bis CP) e il getto pericoloso di cose (art. 674 CP). L’annunciata chiusura del traforo, che interviene in questo contesto, isolerebbe l’Abruzzo da Roma e renderebbe molto difficili i collegamenti stradali. La Regione Abruzzo a fine aprile ha avanzato la richiesta di dichiarazione di emergenza e nomina di un commissario straordinario governativo per la messa in sicurezza del sistema Gran Sasso. E il Governo, attraverso il Ministero delle Infrastrutture dei Trasporti ha confermato la volontà di accogliere la richiesta annunciando la predisposizione di un apposito emendamento nella conversione in legge del Decreto Sbloccacantieri.


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Non è neanche la prima volta che si arriva a un commissariamento, ricorda l’Osservatorio indipendente sull’acqua del Gran Sasso, perché già c’era stato un commissario dal 2003 al 2009. L’Osservatorio elenca una serie di punti considerati fondamentali per qualsiasi ipotesi di commissariamento. Eccoli riportati di seguito:

  1. l’accelerazione delle procedure non può essere a scapito del rispetto della normativa posta a difesa dell’ambiente e della salute umana: l’acquifero del Gran Sasso fornisce acqua ad oltre la metà degli abruzzesi e si trova all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga;
  2. la messa in sicurezza questa volta deve essere completa e definitiva. Non si tratta di superare una situazione d’emergenza per la paventata chiusura delle gallerie autostradali, ma di rendere finalmente impermeabili gallerie e Laboratori rispetto all’acquifero;
  3. per rendere veramente sicuro l’approvvigionamento d’acqua dal Gran Sasso è necessario  che lo Stato individui ingenti fonti finanziarie. Trattandosi di opere nazionali deve essere tutto il Paese a farsi carico di questa esigenza. Si tratta di almeno 170 milioni di euro, secondo quanto riportato nella delibera n. 33 del 25 gennaio 2019 “Gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso – DGR n. 643 del 7.11.2017. Definizione attività urgenti ed indifferibili”: una cifra considerevole che dovrà essere amministrata bene e in maniera trasparente;
  4. partecipazione e trasparenza sono due aspetti fondamentali che mal si conciliano con una gestione commissariale. Ma proprio per evitare di ritrovarsi tra 15 anni nella stessa situazione di oggi, va evitato il modello del commissariamento del 2003 quando calò su tutta la vicenda il più assoluto silenzio. L’acqua, bene fondamentale per la vita e l’economia di un territorio, deve essere gestita in trasparenza, assicurando informazione e partecipazione;
  5. va garantito l’abbassamento del rischio per l’acqua avviando da subito le azioni necessarie per rimuovere dai Laboratori le sostanze pericolose che peraltro già oggi non potrebbero essere stoccate all’interno di un acquifero. La loro presenza nei Laboratori (ad es. circa di 1.000 tonnellate di acqua ragia e 1.292 tonnellate di trimetilbenzene) contrasta con la normativa “Seveso” (Decreto legislativo n. 105/2015) sulle strutture a rischio di incidente rilevante, come sono classificati i Laboratori dell’INFN fin dal 2002, e della normativa a protezione degli acquiferi.

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