Riformare il mercato elettrico nazionale, ormai inadeguato al contesto attuale, per ridurre i rischi di concentrazione, garantire la sicurezza del sistema e il contenimento del costo dell’energia per i clienti finali. E’ la richiesta formulata ieri da Energia Concorrente, l’associazione dell’industria elettrica indipendente italiana,secondo cui Dopo l’avvio delle liberalizzazioni alla fine degli anni ’90 e il successivo percorso a marce forzate con l’adozione di soluzioni regolatorie che hanno posizionato l’Italia all’avanguardia in Europa, gli spazi competitivi nel settore sembrano negli ultimi anni nuovamente restringersi, anche a causa della crisi economica. Da qui la richiesta, contenuta in tutte le relazioni che si sono susseguite nel corso dell’incontro pubblico di ieri, di tornare agli obiettivi che animavano le liberalizzazioni degli anni Novanta. “Ridurre le imperfezioni del mercato nazionale, accelerare l’integrazione dei mercati europei e valorizzare la flessibilità degli impianti a ciclo combinato – afferma Massimo Orlandi, presidente di Energia Concorrente – rappresentano a nostro avviso alcuni dei capisaldi di una riforma del sistema elettrico in grado di limitare i rischi di concentrazione e favorire la sicurezza. Fondamentale è il ruolo del Governo e della regolazione per prevenire il collasso del sistema e rivedere tempestivamente il modello di mercato elettrico, come sta accadendo ad esempio in California, Texas e in Germania, in modo da permettere la convivenza di capacità intermittenti di dimensione rilevante rispetto alla domanda. La flessibilità del parco termoelettrico italiano, il più moderno ed efficiente d’Europa, rappresenta una risorsa indispensabile per la sicurezza del sistema elettrico. Difendere il parco termoelettrico italiano e la pluralità degli operatori significa anche porre le basi per la diminuzione del costo dell’energia”.
Carlo Stagnaro, ricercatore dell’Istituto Bruno Leoni, ha rilevato come quello che appariva un andamento sostenuto verso l’ apertura del mercato elettrico abbia subito una pesante involuzione. Il fattore scatenante, oltre alla brusca riduzione dei consumi associata alla crisi economica, è stato uno scarso livello di coordinamento su alcune scelte, come ad esempio le politiche di incentivazione che hanno portato all’esplosione delle fonti rinnovabili non programmabili.
Il legislatore ed il regolatore, ha proseguito Guido Cervigni, ricercatore dello Iefe – Università Bocconi, hanno ancora la possibilità di invertire la rotta attraverso l’adozione strumenti di governo degli investimenti in capacità di generazione. Gli obiettivi della sicurezza del sistema e della diminuzione del costo dell’energia non sono incompatibili e possono essere raggiunti attraverso meccanismi concorrenziali di coordinamento degli investimenti in capacità produttiva a garanzia dell’equilibrio del sistema e del mercato, come mostra l’esperienza europea e nordamericana.


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