Costi c/c, Adusbef e Federconsumatori: aumentano ancora, media di 347 euro
Il costo medio di un conto corrente in Italia non è di 101 euro, come attesta Bankitalia, ma si aggira sui 347 euro. E’ quanto affermano Federconsumatori e Adusbef confutando le indagini ad hoc di Bankitalia, “taroccate ed ingannevoli sulle banche socie”. Le Associazioni dei consumatori hanno effettuato ai primi di luglio 2013 un monitoraggio sui costi medi di gestione di un conto corrente con “profilo a bassa operatività”, con rigorosa metodologia ISC (Indicatore Sintetico di Costo) previsto da CICR, che ogni banca ha l’obbligo di indicare per i conti offerti alla clientela.
I costi medi delle 10 primarie banche italiane variavano dai 238,35 euro della Bnl ai 337,18 di Unicredit; dai 273,20 di Intesa San Paolo, ai 438,70 della Banca Popolare di Vicenza, con media ponderata ISC di 320,5 euro (quindi +318% rispetto ai 101 euro indicati da Bankitalia).
La Banca d’Italia ha contestato i dati per “problemi di metodologia nello studio”, affermando che “lo studio delle associazioni non prendeva in considerazione dati reali, ma stime e dati presunti in quanto l’ISC pubblicato dalle banche sui fogli informativi e altre fonti pubbliche, non tiene conto di profili di operatività presunta pre-definiti nella normativa e non considera agevolazioni o clausole particolari che possono far discostare il costo effettivo verso il basso o l’alto”.
Adusbef e Federconsumatori per confermare la rigorosa metodologia utilizzata ha confrontato il monitoraggio con il sito di Patti Chiari (www.pattichiari.it.), ricavando l’Indicatore sintetico di costo di 59 banche che hanno optato per l’indicazione di un ISC calcolato su un profilo di clientela con bassa operatività: il risultato è stato ancora più pesante rispetto al campione delle prime 10 banche monitorate dalle Associazioni dei consumatori. L’ISC medio è risultato di 342 euro. Il più costoso il conto corrente ordinario della Banca Popolare dell’Emilia Romagna con i suoi 754 euro; il più contenuto quello della Bnl con i suoi 238 euro. L’ISC indicato per i conti ordinari dei 3 maggiori gruppi bancari, va dai 337 euro di Unicredit ai 291 di MPS fino ai 273 di Intesa San Paolo. Ben 5 banche hanno indicato un ISC superiore ai 500 euro: oltre alla Banca Pop. Emilia Romagna, la Banca della Campania (689,38 euro), il Banco di Sardegna (621,81); la Banca di Sassari (593,63) e la Banca Pop. di Ravenna (515,72).
Anche l’indagine Antitrust iniziata nel 2011, pubblicata a metà settembre 2013, con un campione di 52 banche e oltre 14.500 sportelli (rappresentatività pari al 44%) ha sconfessato Bankitalia e confermato i dati delle Associazioni, arrivando a concludere che una maggiore concorrenza potrebbe portare a risparmi annui di ben 180 euro. E ad ottobre l’ Adusbef ha effettuato un altro monitoraggio su 56 banche: l’ ISC medio all’ 8 ottobre 2013 è di 346,64 euro, a fronte dei 342 del 1° luglio 2013 (quando le banche rilevate erano 59 e non 56, con un incremento del 2,51% in un trimestre). I due ISC massimo e minimo non presentano variazioni rispetto a luglio: infatti l’ ISC più alto continua ad essere quello di Banca Popolare dell’ Emilia-Romagna, che ammonta a 754,75 euro; quello più contenuto è ancora quello della Banca Nazionale del Lavoro 238,35. Su 56 banche analizzate, 13 presentano un ISC variato rispetto a luglio. Si rileva che le poche variazioni riscontrate sono tutte al rialzo; non ci sono, dunque, banche il cui ISC sia diminuito. L’ aumento più marcato è quello della Banca di Sassari, il cui ISC è balzato da 593,63 euro a 633,15 euro, quasi 40 euro in più. In termini percentuali l’ incremento è stato del 6,66%. Seguono poi la Banca Popolare di Mantova (14,05 euro in più, con aumento percentuale del 5,29%) e la Banca Popolare di Milano (13,55 euro in più e il 4,97% in più). L’ incremento più contenuto è del MPS: 2,10 euro in più, di 2,28 euro quello della Banca della Campania.
Adusbef e Federconsumatori, di fronte a costi di gestione dei conti correnti scandalosi, ben 347 euro medi contro 114 euro media Ue, chiede al Governo misure incisive per calmierare un saccheggio sistematico dei risparmi delle famiglie, obbligate ad avere un conto in banca.