Taglia di qua, riduci di là, anche il buono pasto dei dipendenti pubblici è finito sotto la scure del Governo tecnico che ha proposto di ridurre l’importo del ticket dagli attuali 7 euro a 5,29 euro. La proposta è stata subito osteggiata da più fronti e duro è stato il commento dell’Anseb, l’associazione delle società emettitrici buoni pasto aderente a Fipe-Confcommercio, secondo cui così si tornerebbe al valore di acquisto di 15 anni fa, togliendo fisicamente il pane dalla bocca a tanti lavoratori senza far risparmiare in maniera significativa lo Stato.
“Appoggiamo la posizione dell’Anseb – afferma Antonio Gaudioso, neo segretario generale di Cittadinanzattiva –  Ritornare alla soglia massima esentasse, appunto i 5,29 euro, significa tornare al valore di 15 anni fa e quindi continuare a far pagare i costi della crisi ai cittadini. Come emerge da uno studio dell’Università Bocconi di Milano – aggiunge Gaudioso – è possibile innalzare il valore esentasse del buono pasto fino ad 8 euro senza gravare sulla spesa pubblica”.
“Piuttosto, sarebbe auspicabile che il buono pasto venisse utilizzato nella maniera corretta, destinandole esclusivamente alle spese alimentari e non per comperare calze, detersivi, libri”.


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