L’Autorità Antitrust ha “limitate possibilità di intervento” in caso di conflitto di interessi. Mentre “l’azione di ‘dissuasione’ dell’Autorità è stata effettiva ed efficace nella logica di indurre il titolare di carica ad eliminare le cause di incompatibilità”, altrettanto non si può dire in tema di conflitto di interessi. È quanto si legge nell’audizione odierna del presidente Antitrust Giovanni Pitruzzella in materia di conflitto di interessi, presso la I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.
Afferma l’Antitrust: “La legge italiana rinuncia a prevenire la situazione di conflitto di interessi e lo affronta solo quando sorge, in modo peraltro assai complesso (sotto il profilo dell’accertamento) e del tutto inefficace (sotto il profilo dell’enforcement). In un modo o nell’altro i sistemi esteri che conoscono questa fattispecie introducono invece delle situazioni di pericolo in quanto tali (USA) e ammettono la possibilità per le autorità preposte di adottare soluzioni spesso anche radicali quali la cessione della proprietà o il blind trust. Si tratta di scelte che hanno reso quei sistemi più efficaci e più effettiva la tutela dell’interesse pubblico da parte delle istituzioni preposte”.
Per il conflitto di interessi, la normativa italiana è infatti peculiare sia rispetto a quella statunitense sia rispetto al resto d’Europa. Questo perché, spiega l’Antitrust, “al soggetto investito di funzioni di governo è garantita la proprietà di tutti i suoi beni e la titolarità degli interessi economici che vi sono connessi, con il solo divieto astratto di assumere compiti di gestione diretta “in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale”.
Le possibilità di intervento dell’Autorità sono in pratica limitate: “Nell’ordinamento statunitense – spiega Pitruzzella – l’organo di controllo può agire adottando soluzioni (quali la divestiture e il blind trust) in grado di scardinare la situazione di conflitto, affinché essa non si riproponga in futuro. Nel nostro ordinamento questo non è consentito e, sotto questo profilo, l’Autorità ha limitate possibilità di intervento”.
Invece il sistema delle incompatibilità – per cui il titolare di una carica deve scegliere tra la carica pubblica e quella privata eventualmente ricoperta – complessivamente funziona: qui “l’azione di “dissuasione” dell’Autorità è stata effettiva ed efficace nella logica di indurre il titolare di carica ad eliminare le cause di incompatibilità” nei diversi Governi che si sono succeduti. Per il Governo Monti, ad esempio, l’Autorità evidenzia che sono state esaminate, fra cariche pubbliche, private, attività professionali e rapporti di impiego, 257 situazioni, delle quali 182 potenzialmente incompatibili. Fra queste, 162 sono state rimosse dagli interessati spontaneamente, altre 20 su intervento dell’Autorità. A oggi non si è reso necessario avviare alcun procedimento istruttorio.


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