Decreto autovelox, bocciatura di Legambiente, pedoni e ciclisti: “Così muore la prevenzione” (Foto Pixabay)

“Così in Italia muore la prevenzione”. È una bocciatura senza sconti quella che un gruppo di associazioni leva nei confronti del decreto autovelox, pubblicato il 28 maggio in Gazzetta Ufficiale, con la nuova disciplina sulle modalità di collocazione e uso di questi dispositivi.

Il provvedimento, spiega una nota del ministero dei Trasporti, “mette al primo posto la tutela della sicurezza della circolazione, ponendo regole certe sul posizionamento dei dispositivi e sulle sanzioni”.

Un gruppo di associazioni, fra le quali Legambiente, Città30, Movimento Diritti dei Pedoni, Salvaiciclisti e Clean Cities, ha diramato una dura nota nella quale denuncia che il decreto autovelox rafforza l’illegalità diffusa e mette a rischio la sicurezza stradale.

Di contro, il Codacons protesta contro le associazioni e le accusa di avere una posizione “ideologica, politica e non basata sui numeri ufficiali”. Secondo il Codacons “se c’è una cosa che è indubbia è l’elevato numero di autovelox presenti oggi lungo le strade italiane, e la loro continua proliferazione avvenuta non solo senza criterio, ma spesso col solo scopo di fare cassa violando i diritti dei cittadini”. L

e associazioni denunciano invece una lunga lista di criticità sul decreto autovelox, accusato di ignorare le evidenze scientifiche e di rappresentare una “deriva politica che legittima chi infrange le regole”.

Il decreto autovelox in breve

Come informa il Mit, i tratti di strada su cui gli autovelox potranno essere utilizzati dovranno essere individuati con un provvedimento del prefetto e segnalati almeno 1 Km prima fuori dei centri abitati. Inoltre viene fissata per la prima volta la distanza minima che deve intercorrere tra un dispositivo e l’altro (progressiva per tipo di strada) in modo da evitarne la proliferazione.

Non si potranno utilizzare dove esiste un limite di velocità eccessivamente ridotto: inferiore a 50 Km, nelle strade urbane; per le extraurbane solo nel caso in cui il limite di velocità imposto non sia ridotto di più di 20 km rispetto a quello previsto dal codice per quel tipo di strada (se il limite è di 110 km/h, il dispositivo può essere utilizzato solo se il limite è fissato ad almeno 90 km/h ma non per limiti inferiori).

Infine il decreto precisa che l’utilizzo di dispositivi a bordo di un veicolo in movimento è consentito solo se c’è la contestazione immediata, altrimenti dovranno essere scelte postazioni fisse o mobili, debitamente visibili.

Le associazioni: sicurezza stradale a rischio

“In linea con la deriva antiscientifica e autoritaria del governo attuale”, sferzano invece le associazioni, il decreto autovelox è una normativa che “segna un ulteriore e pesante passo indietro nella tutela della sicurezza stradale e nella corretta gestione della mobilità nel nostro Paese”.

Si legge nella nota, firmata da 14 sigle: “Mentre la riforma del Codice della Strada attende la discussione in Senato, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) interviene con un decreto che, di fatto, riduce l’efficacia dei controlli e legittima l’impunità sulle violazioni dei limiti di velocità, cioè la prima causa degli incidenti gravi in base ai dati Istat, e che continua a limitare il margine d’azione dei Comuni, rendendo quasi impossibile fare prevenzione dell’eccesso di velocità sulle strade”.

“Questo decreto – proseguono le associazioni – è un ulteriore e gravissimo attacco alla sicurezza stradale, alle vittime della strada e alla promozione della mobilità sostenibile. Il governo continua a legittimare il diritto alla velocità e l’abuso, a scapito delle regole e della sicurezza, del mezzo privato. Ignorando le evidenze scientifiche e gli indirizzi seguiti da altri Paesi che nel mondo stanno ottenendo riduzioni più marcate di morti e feriti in strada”.

Decreto autovelox, criticità e un appello: “Fermatevi”

Fra le criticità denunciate dalle associazioni, ci sono la “deriva politica che legittima chi infrange le regole” e il fatto che siano ignorati dati ed evidenze scientifiche sulla deterrenza dei controlli diffusi, nonché gli appelli delle associazioni vittime della strada.

Fra le accuse anche la compromissione della sicurezza in città. “Il decreto vieta l’uso di autovelox fissi e mobili in città dove il limite di velocità è inferiore ai 50 km/h. Questa restrizione riduce l’efficacia dei controlli e compromette la sicurezza nelle aree urbane, dove la maggior parte degli incidenti gravi avviene a causa dell’eccesso di velocità. Un far west, proprio dove invece ci sono maggiori rischi. Chi tutela quindi la sicurezza delle persone? L’unica alternativa è inviare una pattuglia (ben visibile) in loco, con un ingente e inutile sfruttamento di risorse locali già notoriamente scarse”.

Un’altra criticità è rappresentata dal controllo centralizzato: saranno i prefetti, e non i sindaci, a decidere le zone per l’installazione degli autovelox, e questo riduce la capacità delle autorità locali di intervenire in modo mirato.

Da qui l’appello della associazioni alle Istituzioni.

Chiediamo al Governo e al Senato di fermarsi e riscrivere il testo del Codice della Strada e il Decreto Autovelox, coinvolgendo le associazioni dei familiari delle vittime della strada e gli esperti del settore. Le Istituzioni tutte invertano questa preoccupante tendenza a difesa di una illegalità già diffusa sulle strade, rassicurando le vittime e tutti i cittadini di questo Paese su una reale transizione a forme di mobilità più sostenibile e sicura per tutte le età, le abilità e i generi, in città così come nei territori. Chiediamo a Governo e Senato una inversione di rotta attraverso una riforma condivisa e basata sui dati per sperare di ridurre veramente il numero di collisioni e salvare vite umane. Oppure, chiediamo coerenza. Nei fatti il Governo sta abbandonando gli obiettivi VisionZero dell’OMS sulla sicurezza stradale, recepiti nel Piano Nazionale Sicurezza Stradale. Che lo ammetta anche a parole”.


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