Antitrust, relazione annuale: le sfide della concorrenza e dell’economia digitale
Il presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza Rustichelli alla Camera: in un anno e mezzo sanzioni per oltre 1 miliardo e 277 milioni di euro. Focus sulla concorrenza fiscale in Europa e sull’impatto delle big tech companies
Dal 1° gennaio 2018 al 1° giugno 2019 l’Antitrust ha comminato sanzioni per oltre 1 miliardo e 277 milioni di euro, di cui oltre 1 miliardo e 192 milioni in sede di enforcement antitrust ed oltre 85 milioni di euro in materia di tutela del consumatore. È quanto ha detto ieri il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato Roberto Rustichelli, che ha presentato alla Camera la Relazione annuale sull’attività svolta dall’Autorità.
Nel suo intervento, il primo dopo l’insediamento avvenuto a maggio, il presidente dell’Autorità si è soffermato sulle «distorsioni e asimmetrie competitive nel mercato unico europeo» e ha denunciato le conseguenze sulla concorrenza legate alla tassazione più favorevole proposta da alcuni paesi europei.
«Viene, innanzitutto, in rilievo il fenomeno del dumping fiscale realizzato da alcuni Paesi membri, divenuti oramai veri e propri paradisi fiscali: questo tipo di malsana competizione è frutto di egoismi nazionali e rischia di incrinare i valori che hanno finora sorretto il processo di integrazione europea – ha detto Rustichelli – La concorrenza fiscale posta in essere da alcuni Stati quali, ad esempio, l’Olanda, l’Irlanda, il Lussemburgo e il Regno Unito è utilizzata, come rilevato dalla stessa Commissione europea, dalle imprese multinazionali per porre in essere forme di pianificazione fiscale aggressiva».
La concorrenza fiscale, ha aggiunto, costa a livello globale 500 miliardi di dollari l’anno, «con un danno per l’Italia stimato tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari l’anno». Rustichelli ritiene dunque necessario «superare gli egoismi nazionali e recuperare un autentico spirito di solidarietà tra gli Stati. Se è stata la solidarietà a rendere possibile l’avvio della nostra Unione, non è inappropriato tornare a invocare quel legame – quasi primordiale – per affrontare i problemi odierni».
Nella sua relazione il presidente dell’Autorità ha fatto poi riferimento alle sfide poste dall’economia digitale, all’impatto sulla concorrenza e ai Big Data. Il ruolo delle piattaforme come intermediari nelle transazioni economiche e nei rapporti sociali, e dentro al sistema dell’informazione, chiama in causa l’adeguatezza dei presidi a tutela di concorrenza e privacy e a questo dibattito, ha spiegato il presidente Antitrust, contribuisce anche l’indagine sui Big Data che vede insieme tre autorità quali Antitrust, Agcom e Garante Privacy. L’interdipendenza dei mercati, spiega ancora Rustichelli, fa sì che «le questioni sollevate dall’economia dei dati assumano spesso carattere trans-nazionale, per cui, in questo scenario nuovo ed evolutivo, un coordinamento fra le autorità europee della concorrenza non è solo auspicabile, ma necessario».
L’attenzione all’economia digitale e alle sue sfide chiama in causa esigenze di rinnovamento nelle norme a tutela della concorrenza in ambito digitale. Una, ha spiegato Rustichelli, riguarda le acquisizioni societarie fatte dai big del digitale.
«Un recente studio mostra che, tra il 2008 e il 2018, Amazon, Facebook e Google hanno acquisito, spesso con l’obiettivo di eliminare futuri concorrenti, circa 300 società, sovente nella fase iniziale del loro ciclo di vita: infatti, in circa il 60% di tali acquisizioni, l’impresa target era attiva da non oltre 4 anni. Le autorità di concorrenza dovrebbero essere poste nella condizione di valutare tali operazioni di concentrazione, che invece non sono di norma soggette a un obbligo di notifica perché le imprese acquisite non generano fatturati elevati».
Il secondo tema riguarda la formazione dei prezzi e la collusione che si realizza attraverso il lavoro degli algoritmi usati dalle imprese per definire e adeguare quei prezzi. «E’ evidente – ha detto il presidente Antitrust – che di fronte a ciò la nozione tradizionale di intesa come incontro di volontà tra persone fisiche viene sottoposta a particolare tensione, atteso che la collusione tacita – cioè quella che si realizza tramite l’autonomo adattamento intelligente delle singole imprese – non viola le regole a tutela della concorrenza».
Non manca un riferimento ai poteri dell’Autorità e alle sanzioni che possono essere decise nei confronti delle società digitali. E che vanno aumentate. Alcuni profili possono essere migliorati e fra questi, ha detto Rustichelli, «la necessità di disporre di sanzioni davvero efficaci, proporzionate e dissuasive nei confronti delle big tech companies, atteso che il massimo edittale di 5 milioni di euro rappresenta una frazione del tutto modesta del loro fatturato, del loro patrimonio e dei profitti che esse possono ricavare dalle infrazioni commesse. A tale riguardo, notiamo con soddisfazione che una recente Proposta di direttiva europea si muove in questo senso, ancorando il massimo edittale ad una percentuale del fatturato annuo realizzato dal professionista».