Consumatori: stipendi bassi e caro vita, i dati che piegano l’Italia
Gli stipendi italiani sono fra i più bassi d’Europa. La terza potenza industriale del vecchio Continente è solo dodicesima nella classifica dell’area euro, con uno stipendio annuo lordo stimato in 23.406 euro, ovvero la metà di Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) e Germania (41.100). I dati Eurostat fanno riferimento al 2009 e dicono che l’Italia è solo al dodicesimo posto nell’area euro, con una posizione che segue anche quella di Irlanda, Grecia, Spagna e Cipro (anche se la Grecia risentirà molto della crisi economica che la sta sfiancando). Anche la crescita delle retribuzioni è molto lenta: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal 29,4% della Spagna e dal 22% del Portogallo. Sono numeri che le associazioni dei consumatori conoscono a partire soprattutto dalle conseguenze pratiche.
Federconsumatori e Adusbef, ad esempio, sottolineano che gli stipendi bassi si accompagnano a costi energetici fra i più alti d’Europa. La loro attenzione verte in questo caso sulla spesa per il riscaldamento: in Italia si pagano 576 euro in più rispetto alla media europea. Spiegano le due associazioni che “quello degli stipendi più bassi non è l’unico triste primato con cui gli italiani devono fare i conti: infatti, al basso potere di acquisto, si accompagnano anche i costi più elevati in Europa per quanto riguarda il comparto energetico in particolar modo il riscaldamento”. Prendendo a riferimento il riscaldamento di un appartamento di 85 metri quadrati, con i prezzi attuali serviranno quasi 1720 euro annui: sono, affermano le due associazioni, 565 euro in più rispetto alla Francia, 648 rispetto alla Germania, 691 euro in più rispetto all’Inghilterra e 576 euro in più rispetto alla media europea.
Non è solo una questione di stipendi poveri, ma anche dell’impatto sul reddito delle spese giornaliere. Come ricorda l’Adoc a partire da un suo studio sul costo della vita, in Italia le spese giornaliere assorbono quasi l’80% del reddito disponibile. “Il 1 gennaio 2002 la lira passava la mano all’euro, dopo 10 anni ci troviamo con i redditi tra i più bassi d’Europa e con i prezzi tra i più alti”, afferma l’associazione, che ha analizzato i dati sul costo della vita in 7 paesi europei (Italia, Francia, Germania, Spagna, Inghilterra, Svezia e Repubblica Ceca). Il reddito medio mensile, in Italia, è di 1.410 euro (netti) che diventano 47 euro al giorno; i tedeschi hanno il reddito più alto, con 2.580 euro mensili, pari ad86 euro giornalieri, mentre quello più basso si registra in Repubblica Ceca (810 euro al mese e 27 al giorno). Una giornata tipo in Italia costo poco meno di 40 euro dunque, circa il 2% in più della media europea; ma, spiega il presidente Carlo Pileri, “l’impatto sul reddito è devastante, dato che le spese giornaliere assorbono il 79,5% dello stipendio”.
L’associazione ha calcolato che gli italiani spendono in media ogni giorno circa 37 euro e cioè il 79,5% del proprio reddito quotidiano al netto delle tasse: “Calcolando le spese per la colazione (circa 2 euro), il pranzo fuori casa (oltre 11 euro), la cena a casa (11,60 euro), il trasporto privato (5,40 euro) o quello pubblico (2 euro), il cellulare (1,50 euro per 10 minuti di chiamate), le spese per la casa (in media 5 euro), la Tv pubblica (0,30 euro) o il cinema (7,50 euro), una giornata tipo in Italia costa l’1,6% in più rispetto alla media europea ed ha il maggiore impatto sul reddito che in altri Paesi”. In Germania, una giornata tipo pesa per il 40,7% del reddito, nel Regno Unito per il 53% e in Francia per il 53,13%. Solo nella Repubblica Ceca l’impatto è superiore all’Italia e arriva al 94%.
Le cifre di Eurostat confermano dunque una situazione allarmante. Per Asso-Consum, sono ancora più gravi se rapportate al carico fiscale presente in Italia, al tasso di disoccupazione, al costo della vita: il Governo deve dunque “proseguire sulla strada della lotta al fenomeno intollerabile dell’evasione fiscale e deve fare tutto il possibile per favorire la ripresa del Paese – afferma l’associazione – E’ infatti necessario che si evitino provvedimenti depressivi e che vengano messi in atto interventi per incoraggiare lo sviluppo, dando uno slancio all’economia e impedendo che la già forte contrazione dei consumi si aggravi ulteriormente”.