A 10 anni dall’entrata in vigore della normativa antiriciclaggio (D.Lgs. n. 231/2007) sono stati 1.692 gli assegni contestati perché non riportavano la dicitura “Non trasferibile”. A fare il punto della situazione è il Ministero dell’Economia e Finanza che ha pubblicato sul proprio sito istituzionale un’indagine che fa il punto su quanto accaduto dal 2008 ad oggi.

In base a quanto previsto dal successivo D.Lgs. n. 90/2017, le sanzioni previste per gli assegni non in regola vanno da 3.000 a 50.000 euro e, grazie alla cosiddetta oblazione, i “colpevoli” possono riconoscere l’errore, concludere anticipatamente il procedimento e arrivare a pagare un importo ridotto, che va da un terzo della sanzione massima (16.600 euro) al doppio della sanzione minima (6.000 euro).

Secondo quanto riportato dal MEF, in 10 anni non è stata comminata nessuna sanzione a fronte di 107 oblazioni. Lo stesso Ministero ha però verificato che, in alcuni casi, sanzioni anche elevate possono colpire “cittadini che in buona fede hanno utilizzato assegni senza clausola di non trasferibilità”. Per questo il MEF sta vagliando “la possibilità di modificare il regime sanzionatorio, recuperando la proporzionalità tra l’importo trasferito e la sanzione”.

Va ricordato che dal 2008 le banche non stampano più carnet di assegni privi della dicitura “non trasferibile” e che, anche in caso di utilizzo di vecchi libretti, il cittadino può comunque scrivere la dicitura “non trasferibile” di suo pugno. Il problema è che ad oggi le stesse banche non sono tenute a rifiutare eventuali assegni irregolari ed anzi li possono versare senza problemi, segnalando poi il fatto al MEF ed attivando l’alert che farà scattare la sanzione sia verso chi ha emesso l’assegno, sia verso chi lo ha incassato.

L’associazione di consumatori Codici sottolinea che il problema possa essere causato dal fatto che i consumatori abbiano messo in circolazione assegni staccati da libretti consegnati dalle banche fino a 10 anni fa. Ciò nonostante i consumatori potrebbero rivalersi sulle banche se potessero provare che il libretto privo di clausola “non trasferibile” sia stato consegnato dopo l’entrata in vigore della normativa, o anche per il caso in cui l’assegno sia stato incassato sulla stessa banca di cui l’emittente è cliente: in quest’ultimo caso, la banca avrebbe potuto avvisare l’utente della violazione di un divieto normativo, così dando la possibilità di correggere l’assegno anche inserendo a penna la clausola.

La stessa associazione afferma inoltre di essere “ben felice di leggere propositi di questo tipo da parte del Ministero”, a cui chiede di intervenire immediatamente. Come evidenziato da Luigi Gabriele, responsabile Affari Istituzionali di Codici, “ad oggi sono già circa 20.000 i consumatori che hanno avuto problemi di questa natura. Consumatori che subiscono il paradosso di pagare per un assegno di 1.000 euro un’infrazione di diverse migliaia di euro. Questo semplicemente per non essersi accorti dell’assenza della dicitura ‘non trasferibile’, ovvero per un’infrazione di cui semplicemente non si sono accorti”.


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