La crisi non allenta la sua presa sul commercio: nonostante la presenza di segnali di miglioramento rispetto al 2012, l’estate 2013 segna l’ennesimo momento nero del settore. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Confesercenti, tra luglio e agosto hanno aperto 2.656 nuove imprese commerciali in sede fissa e hanno cessato l’attività 5.574, con un saldo negativo di quasi 3.000 unità.  
Il risultato del IV bimestre del 2013 è lievemente migliore (+332 imprese) di quello registrato lo scorso anno nello stesso periodo, durante il quale si è registrato un bilancio in perdita di 3.250 esercizi. Si annulla, però, la “ripresina” registrata nel bimestre precedente di quest’anno.
Complessivamente, nei primi 8 mesi del 2013 si registra nel commercio al dettaglio in sede fissa un saldo negativo di 14.246 imprese, a fronte di 18.208 nuove aperture e 32.454 chiusure. Si tratta comunque di un miglioramento, anche se debole, del saldo di natimortalità registrato nei primi otto mesi del 2012, negativo per 15.772 esercizi. Il miglior risultato del 2013 è da addebitarsi principalmente all’aumento delle nuove iscrizioni (+ 2.015 rispetto al 2012), un dato che compensa il più lieve incremento delle chiusure (+489 sullo scorso anno).
La lunga crisi ha accorciato considerevolmente il ciclo di vita delle imprese. Secondo i dati dell’Osservatorio Confesercenti, di 81.722 attività commerciali in sede fissa iscritte nel 2009, a giugno del 2013 ne sono rimaste in vita solo 51.598, per una perdita secca di 30.174 unità, pari al 36,9%. Importante è il ruolo delle imprese giovanili, linfa vitale della nuova imprenditorialità, che costituiscono il 38,2% delle nuove iscritte nel commercio. Significativo il peso delle imprese femminili (30%), e di quelle  straniere, che pesano per il 22,1% delle aperture. In termini di peso sul totale delle cessazioni, a parte la preminenza delle ditte individuali, critica appare la situazione delle imprese femminili, che compongono la percentuale maggiore (35%). Male anche quelle giovanili, che costituiscono il 20% delle chiusure. Resistono meglio gli imprenditori stranieri (11,9%).


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