L’insicurezza alimentare spinge a migrare. Quando manca il cibo, quando la famiglia è priva di mezzi di sussistenza, aumentano coloro che si spostano e tentano la via delle migrazioni internazionali. Alti livelli di insicurezza alimentare causano un maggior numero di migrazioni transfrontaliere: ogni punto percentuale di aumento dell’indice di insicurezza alimentare costringe l’1,9% della popolazione a migrare, mentre un ulteriore 0,4 % fugge per ogni anno di guerra. La stessa insicurezza alimentare è una determinante importante nell’incidenza e nell’intensità di un conflitto armato.

È quanto evidenzia il World Food Programme nel rapporto “At the root of exodus: Food security, conflict and international migration”. Lo studio evidenzia che i paesi col più alto livello di insicurezza alimentare, unita alla presenza di conflitti armati, hanno migrazioni più imponenti; quando poi si accompagna alla povertà, l’insicurezza alimentare aumenta la probabilità e l’intensità dei conflitti armati. E questo naturalmente ha chiare implicazioni sul flusso dei rifugiati.

Il fenomeno delle migrazioni internazionali ha raggiunto negli ultimi anni cifre senza precedenti: le stime delle Nazioni Unite confermano che nel 2015 sono stati 244 milioni i migranti internazionali e che la cifra di rifugiati, sfollati e richiedenti asilo ha raggiunto il dato record di 65,3 milioni. Ma quali sono le cause che spingono le persone ad abbandonare il proprio Paese? Quanto incide l’insicurezza alimentare nel determinare le migrazioni internazionali? A queste domande risponde il Rapporto realizzato dal World Food Programme (WFP), la più grande agenzia umanitaria che opera in 82 Paesi e che nel 2016 ha assistito 82,2 milioni di persone.

Lo studio ha messo in evidenza il collegamento fra migrazioni, insicurezza alimentare e conflitti. Prima di tutto, evidenzia che la maggior parte dei migranti rimane in realtà all’interno dei confini del proprio continente – quasi nove migranti africani su dieci rimane nel continente africano, otto migranti asiatici su dieci rimane in Asia. La ricerca evidenzia poi una serie di collegamenti fra conflitti, sicurezza alimentare e migrazioni. Talvolta sono i conflitti a causare direttamente le migrazioni, altre volte invece instabilità di vita e insicurezza alimentare sono la principale causa di migrazioni. Nei periodi prolungati di conflitti e migrazioni, poi, cause ed effetto si intrecciano e si rafforzano a vicenda.

Quando le migrazioni sono causate dai conflitti, in genere sono famiglie intere a migrare insieme. E se si migra per cercare migliori condizioni di vita, laddove il viaggio diventa l’ultima speranza prima di esaurire le risorse; se l’insicurezza alimentare è una della cause delle migrazioni, la migrazione stessa può aggravare l’insicurezza alimentare, perché i viaggi sono lunghi e complicati e spesso chi è rimasto in patria è gravato dal debito che serve per finanziare il viaggio di chi emigra.

L’insicurezza alimentare, inoltre, porta essa stessa a conflitti. Mentre la crescita economica riduce la probabilità e l’intensità di un conflitto armato, la malnutrizione è uno dei fattori più importanti sull’incidenza dei conflitti armati. In alcuni contesti di guerra, ad esempio, le persone sono costrette ad arruolarsi nei gruppi armati come unica opportunità di sfamare la famiglia.

Ha detto il Direttore Esecutivo del World Food Programme David Beasley alla presentazione del rapporto, ieri a Roma: “L’insicurezza alimentare è all’origine della crisi migratoria, che ha costretto 65 milioni di persone a fuggire dalle proprie case. Il nostro studio mostra come un aumento dell’1 per cento dell’insicurezza alimentare si traduca in un aumento del 2 per cento nelle migrazioni transfrontaliere. Se si vuole trovare la vera soluzione alla crisi migratoria, bisogna porre fine ai conflitti che causano insicurezza alimentare e fare in modo che il mondo raggiunga l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile Fame Zero entro il 2030″. 

Ha aggiunto il Portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), Enrico Giovannini: “Il Rapporto del WFP dimostra come molti dei fenomeni globali siano tutti strettamente interconnessi. Cambiamento climatico, insicurezza alimentare e migrazioni sono fenomeni che devono essere affrontati con un approccio integrato. Il quadro sistemico offerto dall’Agenda 2030 dell’ONU con i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, offre una piattaforma straordinaria per costruire programmi condivisi e che guardino al futuro, in grado di sviluppare società più resilienti, giuste e inclusive”.

 

@sabrybergamini

 

Notizia pubblicata il 12/10/2017 ore 17.12


Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!



Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella per confermare l'iscrizione
Privacy Policy

Parliamone ;-)