TopNews. Web Tax, l’Europa lancia la sua proposta per Facebook & Co.
Come si fa a tassare Google e Facebook in Europa là dove vengono generati profitti? Il dibattito va avanti da tempo e oggi la Commissione europea ha lanciato la sua proposta di web tax, una tassazione delle imprese digitali per “garantire che l’economia digitale sia tassata in modo equo, sostenibile e favorevole alla crescita”. In realtà le proposte sono due. La prima è quella di un’aliquota temporanea del 3% applicabile a società con un fatturato globale superiore a 750 milioni di euro, che potrà generale per gli Stati entrate di 5 miliardi di euro l’anno. La seconda è invece la proposta – preferita dall’Europa ma più difficile da attuare – di una riforma comune delle norme in materia. In ogni caso ci sarà da lavorare parecchio, perché per l’approvazione serve il voto unanime di tutti i 28 stati dell’Unione europea, che hanno però posizioni e interessi diversi.
Le normative fiscali attuali non sono adeguate per la tassazione di imprese globali come quelle digitali, chiamate a rispondere con la giusta quota di tasse alle entrate pubbliche degli Stati. “Attualmente le imprese digitali sono soggette a un’aliquota fiscale media effettiva pari alla metà di quella dell’economia tradizionale nell’UE”, argomenta Bruxelles, che con le proposte di oggi vuole rispondere alla ricerca da parte degli Stati di soluzioni volte a garantire una giusta quota di gettito fiscale delle attività online. Gli Stati hanno iniziato a cercare soluzioni per tassare le attività digitali ma, spiega la Commissione europea, “un approccio coordinato è l’unico modo per garantire che l’economia digitale sia tassata in modo equo, sostenibile e favorevole alla crescita”.
Sostiene Pierre Moscovici, commissario per gli Affari economici e finanziari: “L’economia digitale rappresenta una grande opportunità per l’Europa e l’Europa è una fonte di ingenti ricavi per le imprese digitali. Questa situazione, vantaggiosa per tutti, solleva tuttavia problemi giuridici e fiscali. Le nostre norme, elaborate prima dell’avvento di internet, non autorizzano gli Stati membri a tassare le imprese digitali operanti in Europa quando vi hanno una presenza fisica minima o inesistente. Questa situazione rappresenta un buco nero ancora più grande per gli Stati membri, in quanto la base imponibile viene erosa. Per questo proponiamo una nuova norma giuridica e un’imposta temporanea sulle attività digitali.”
Due le proposte legislative distinte presentate dalla Commissione per avere “una tassazione più equa delle attività digitali nell’UE”. La prima vuole riformare le norme Ue in materia di imposta sulle società per le attività digitali, in modo che gli utili siano registrati e tassati nel luogo in cui le imprese hanno un’interazione significativa con gli utenti attraverso i canali digitali. Si tratta della soluzione a lungo termine preferita dalla Commissione ma anche quella di più difficile attuazione. Questa proposta consentirebbe agli Stati di tassare gli utili generati sul loro territorio anche nel caso di una società che non vi abbia presenza fisica. In questa proposta, la piattaforma digitale viene considerata “presenza digitale” imponibile se soddisfa uno di questi tre criteri: supera una soglia di 7 milioni di euro di ricavi annuali in uno Stato membro; ha più di 100 000 utenti in uno Stato membro in un esercizio fiscale; oltre 3 000 contratti commerciali per servizi digitali sono conclusi tra l’impresa e utenti aziendali in un esercizio fiscale.
La seconda proposta della Commissione europea si muove invece su tempi più brevi e risponde alla richiesta di diversi Stati Ue di istituire un’imposta temporanea da prelevare sulle principali attività digitali, che al momento sfuggono a qualsiasi tipo di imposizione nell’UE. Con un’imposta temporanea, attività ora non tassate inizieranno a generare un gettito immediato per gli Stati. La proposta permetterebbe poi di evitare che gli Stati procedano in ordine sparso con misure unilaterali per tassare le attività digitali. L’imposta indiretta, spiega la Commissione europea, si applicherebbe ai ricavi generati da determinate attività digitali che sfuggono completamente al quadro fiscale attuale. Questa imposta si applicherà dunque ai ricavi generati dalla vendita di spazi pubblicitari online, generati da attività di intermediazione digitale che permettono agli utenti di interagire con altri utenti e che possono facilitare la vendita di beni e servizi tra di essi, e a ricavi ottenuti dalla vendita di dati generati da informazioni fornite dagli utenti. Questo consentirà dunque di tassare le attività svolte da Facebook, da Google e da piattaforme come Uber. Una imposta di questo tipo, spiega la Commissione europea, sarà riscossa dagli Stati membri in cui si trovano gli utenti e si applicherà solo alle imprese con ricavi annui complessivi a livello mondiale di 750 milioni di euro e ricavi nell’UE di 50 milioni di euro, esonerando dunque le start-up. Secondo le stime, se sarà applicata a un’aliquota del 3%, l’imposta potrà generare entrate per gli Stati membri dell’ordine di 5 miliardi di euro all’anno.
Sostiene Valdis Dombrovskis, Vicepresidente responsabile per l’Euro: “La nostra preferenza andrebbe a norme convenute a livello mondiale, anche in ambito OCSE. Tuttavia, l’importo degli utili attualmente non tassati è inaccettabile. Dobbiamo adeguare con urgenza la nostra normativa fiscale al 21º secolo mettendo in atto una nuova soluzione globale e adatta alle esigenze future.”
Notizia pubblicata il 21/03/2018 ore 16.02