Mandare i propri figli all’università diventa una sfida sempre più ardua. Non basta la crisi, ci si mettono anche le tasse universitarie che rispetto all’anno scorso sono aumentate del 7%, cioè di 70 euro. E sono i redditi più bassi a subire i rincari maggiori. Per la prima fascia di reddito l’aumento è stato dell’11,3%, mentre per la terza è stato del 2,8%. I costi per la penultima e per l’ultima fascia sono aumentati rispettivamente dell’1,1% e del 5,5%. E’ quanto emerge dalla terza indagine di Federconsumatori sulle rette degli Atenei italiani, secondo cui le università più care sono quelle del Nord che costano oltre l’8% in più per la prima fascia di reddito e il 30% in più per l’ultima. La più cara è Parma. Il divario con quelle del Sud va dal 16 al 44%.
Secondo Federconsumatori questi aumenti non solo non favoriscono la formazione dei giovani, ma dimostrano anche una scarsa volontà ad investire nel futuro del nostro Paese, tagliando le risorse all’istruzione, alla ricerca e all’innovazione.
Per il terzo anno consecutivo, le università più care si confermano quelle del Nord: rispetto alla media nazionale, costano l’8,40% in più se si prende in esame la fascia più bassa e addirittura il 30,42% in più considerando gli importi massimi.Il primato per la retta più cara va, ancora una volta, all’Università di Parma: per frequentarla, gli studenti devono pagare tasse annuali minime di 931,92 euro per le Facoltà umanistiche e di 1047,74 euro per quelle scientifiche.
Tra gli Atenei settentrionali e quelli meridionali c’è un divario sostanzioso: mediamente, questi ultimi richiedono spese inferiori del 16,7% per la prima fascia e del 44,3% per la fascia più alta.
Nell’analisi, però, non si può non considerare la grave incidenza dell’evasione fiscale, poiché il calcolo delle tasse universitarie si basa sulla dichiarazione dei redditi. Questo fenomeno, unito alla diminuzione degli investimenti destinati alla pubblica istruzione, sta facendo crescere progressivamente il numero di studenti che rientrano nelle fasce più basse, provocando quindi una diminuzione delle risorse da distribuire: ad essere penalizzati, quindi, saranno coloro i quali hanno davvero bisogno di usufruire dell’istruzione pubblica senza spendere una fortuna. Sono infatti numerose le famiglie monoreddito di lavoratori autonomi – dai gioiellieri ai ristoratori – che rientrano nella seconda fascia ISEE/ISEEU considerata (reddito fino a 10.000 Euro) e che quindi pagano contributi relativamente bassi.
“In questo modo il figlio di un operaio specializzato finisce per pagare imposte superiori a quelle che vengono richieste al figlio di un orafo o di un pellicciaio.” – dichiara Rosario Trefiletti, Presidente Federconsumatori. E tra la prima e l’ultima fascia, come emerge anche dall’indagine di Federconsumatori, c’è una grossa differenza: gli studenti di prima fascia pagano in media 519 euro di tasse all’anno, per le facoltà umanistiche, e 540 per quelle scientifiche (in media 529 euro); gli studenti di quinta fascia pagano 1935 euro per le facoltà umanistiche e oltre 2000 per quelle scientifiche (in media 1995).
 
 
 


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