La “rivoluzione verde” nelle città è ancora lontana. L’urbanizzazione procede veloce, tanto che dagli anni Cinquanta a oggi nelle città metropolitane è stata convertita a uso urbano un’area poco più piccola della Valle d’Aosta, al ritmo di 70 chilometri quadrati l’anno, venti ettari al giorno. Le città applicano con difficoltà la norma “un albero per ogni bambino nato o adottato” perché le aree pubbliche sono poche, e sono in ritardo nella pianificazione del verde all’interno degli strumenti urbanistici.

A dirlo è il WWF nelle conclusioni dell’EcoCity Test a cui hanno risposto le amministrazioni comunali delle più importanti città italiane. La richiesta dell’associazione è di attuare una rivoluzione verde  basata su “Quattro impegni per il buon governo della natura urbana”. Anche perché nei capoluoghi di provincia il verde urbano rappresenta solo il 2,7% del territorio (dati Istat 2016). Ogni abitante ha a disposizione in media 31 metri quadrati di verde urbano, ma nella metà delle città italiane non si arriva a a 20 metri quadrati e in 19 città (per 2,2 milioni di cittadini) non si raggiunge la soglia dei 9 metri quadrati obbligatori per legge.

Al test dell’associazione hanno risposto gli assessorati competenti degli 11 Comuni più importanti delle 14 “città metropolitane” (Milano, Torino, Bologna, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Cagliari, Palermo, Catania; mancano all’appello Genova, Reggio Calabria e Messina). I quattro impegni chiesti dal WWF sono l’integrazione degli  strumenti urbanistici con una pianificazione del verde che individui e valorizzi la rete ecologica, la realizzazione dei censimenti del verde per una corretta pianificazione o riqualificazione di giardini e aree verdi, una migliore programmazione degli interventi fatti per la messa a dimora di alberi per ognuno dei bambini nati o adottati nel territorio comunale e lo snellimento della burocrazia, in modo da favorire l’affidamento degli spazi verdi alla società civile, attraverso le esperienze dei “giardini condivisi” e degli “orti sociali”.

Quali sono nel dettaglio le risposte date dai grandi comuni alle domande del WWF? Il questionario inviato era composto di sole quattro domande. Di seguito i risultati nel dettaglio.

Alla domanda se nelle città sia applicata la norma che stabilisce sia piantato un albero per ogni bambino nato o adottato nel territorio comunale (ai sensi della c.d Legge Rutelli n. 113/1992, integrata e rilanciata legge n. 10/2013), tutte le amministrazioni rilevano le difficoltà di applicare la norma e di trovare, dati i tassi di natalità, spazi pubblici dove mettere a dimora gli alberi, senza una programmazione che abbia un certo respiro, anche se comunque ci sono attività consolidate di piantumazione, con il coinvolgimento anche della popolazione a Cagliari, Milano (con interventi anche nel parco Agricolo Sud), Palermo, Torino, Venezia (con un programma di rimboschimento di 220 ettari  di territorio situati nelle aree periferiche).

Alla domanda se le città abbiano un proprio Regolamento del Verde o abbiano predisposto e approvato un vero e proprio Piano del Verde (come previsto dalla legge n. 10/2013),  7 Comuni su 11 interpellati hanno dichiarato di avere un Regolamenti del Verde, tranne Firenze, che dichiara di avere un regolamento sulle “alberature”, Catania e Roma che lo stanno per adottare e Napoli che non lo ha e ancora non lo sta predisponendo. Mentre, per quanto riguarda i Piani del Verde, Milano ha approvato un nuovo regolamento nel 2017 con forti contenuti pianificatori e altre amministrazioni quali Bari, Bologna, Cagliari, Torino  hanno redatto delle bozze o hanno avviato l’iter per approvarli.

Alla domanda se i Comuni abbiano dei regolamenti per l’affidamento ai cittadini o comunque alla società civile di spazi verdi (giardini condivisi, seguendo l’esempio di Parigi, o anche orti urbani), tutte le 11 amministrazioni comunali rispondono positivamente. Bari ha un regolamento per affidare gli orti urbani ad associazioni; Bologna è stata la prima amministrazione in Italia a promuovere “patti di collaborazione” per la gestione del verde pubblico; Milano, a partire dal 2012, ha fatto avvisi pubblici per la ricerca di sponsorizzazioni/collaborazioni tecniche per la riqualificazione e manutenzione delle aree pubbliche cittadine; Roma dedica attenzione alla rete degli orti urbani e agli orti scolastici e Torino affida a persone fisiche o giuridiche la manutenzione di piccole aree verdi; Catania, Cagliari, Firenze, Napoli, Palermo, Venezia hanno regolamenti per l’affidamento della gestione o della manutenzione, senza fini di lucro, degli spazi del verde pubblico a soggetti pubblici e privati (imprese o cittadini).

Alla domanda se i Comuni intervengono con misure più avanzate per la gestione ecologica degli spazi urbani, migliorando la biodiversità e la sostenibilità urbana, molte sono le iniziative rilevanti. Cagliari interviene nelle aree verdi e nei parchi che circondano la città valorizzando la biodiversità anche grazie alla creazione di corridoi ecologici; Firenze ha inserito i corridoi ecologici nella pianificazione urbanistica; Milano aderisce e ha aderito a numerosi progetti per la realizzazione di infrastrutture verdi, primo tra tutti ReLambro – Capitale Naturale; Torino ha avviato piani di gestione per le zone boschive e interventi sul Colle della Maddalena e sulla Collina di Superga per migliorare la copertura boschiva e abbattere la CO2; Bologna non usa antiparassitari e pesticidi, né fertilizzanti chimici negli interventi di manutenzione del verde; Bari risponde che il Servizio Giardini applica i Criteri Ambientali Minimi.


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