1 miliardo di euro all’anno sprecati in beni e servizi che non hanno a che fare direttamente con l’erogazione delle cure ai pazienti. A rivelare la cifra è Transparency International Italia che, insieme a Censis, Ispe Sanità e Rissc, ha presentato questa mattina i primi dati del progetto “Curiamo la corruzione”. Mensa, lavanderia, gestione dei rifiuti speciali sono le voci di spesa che assorbono le risorse maggiori, nonostante la diminuzione del 4,4% avvenuta tra il 2009 e il 2013. A 25 anni dall’inizio dell’inchiesta “Mani pulite”, la corruzione resta un problema avvertito ancora come tra i più gravi per il nostro Paese (98,7% dei direttori sanitari intervistati per lo studio) e il settore della sanità sembra essere quello in cui più di frequente si sviluppano illeciti di questo genere (59,3%). La motivazione principale che contribuisce a consolidare questa opinione deriva dal fatto che nel settore sanitario convergono interessi di diverso tipo che muovono un consistente giro di denaro che fa gola a molti: 110 miliardi di euro all’anno, è la spesa pubblica investita nel settore sanitario.
Lo ha sottolineato anche Raffaele Cantone, Autorità Nazionale Anticorruzione, nel corso del suo intervento nella Giornata contro la corruzione in sanità che ha aggiunto: “Il rischio così alto di corruzione in ambito sanitario ha reso necessari nuovi strumenti di intervento, come i piani anticorruzione, ai quali bene o male tutti gli enti pubblici si sono adeguati. Almeno dal punto di vista burocratico. Per questo motivo, al momento si stanno avviando nuovi controlli per verificare se oltre che su piano burocratico, sia stato fatto realmente qualcosa di concreto. Il nostro intento non è quello di combattere la corruzione andando contro un intero settore ma piuttosto motivare la parte migliore di esso a fare meglio per il bene di tutti”.
Il 77% dei dirigenti sanitari teme che nella propria struttura si possano verificare fenomeni di corruzione specie per quanto riguarda gli appalti per l’acquisto di beni e servizi (83%) o per la realizzazione di opere infrastrutturali (66%). Non manca poi la classica “spintarella” al momento dell’assunzione che rappresenta il 31% del rischio di illeciti.
Nell’ambito della prevenzione dei fenomeni di corruzione, qualcosa in più è stato fatto negli ultimi anni, dando attuazione alla legge 190/2012 che hanno introdotto i Piani anticorruzione. Il 97% delle strutture ha predisposto un Codice di comportamento per i dipendenti che integra quello già previsto per i dipendenti pubblici; in molti casi sono stati previsti Regolamenti per le procedure d’acquisto (93%) e per l’assegnazione degli appalti nel modo più trasparente possibile (92%).
Tuttavia, per il 40% delle strutture, i Piani Anticorruzione sono rimasti un puro adempimento formale delle disposizioni di legge senza prevedere nessuna analisi dei rischi di corruzione né strategie per prevenirli. Dal punto di vista della suddivisione geografica, le regioni che assolvono maggiormente agli obblighi anticorruzione si trovano prevalentemente nel Centro-Nord del Paese, mentre i casi negligenza più gravi si verificano nel Sud (Molise- 100% di inadempienza; Calabria- 88,9%; Campania- 60%; Sicilia 57,9%).
“Dai risultati dell’indagine”, commentano gli organizzatori della Giornata, “appare evidente come il mondo della sanità pubblica si sia attivato per prevenire e contrastare la corruzione, rispondendo, e in alcuni casi anche andando oltre, a quanto stabilito dalla più recente normativa. Si tratta, evidentemente, di rispondere ad un obbligo di legge, che però poggia sulla convinzione che la questione della corruzione sia un problema grave, soprattutto in un comparto che si occupa della salvaguardia della salute. La formazione e la sensibilizzazione, già ampiamente praticate da tutte le strutture, sono viste come un elemento imprescindibile, senza il quale non sarà possibile ottenere un cambiamento reale nel comportamento di dirigenti pubblici, aziende private, operatori sanitari e perfino dei pazienti”.


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