Si ridimensiona l’allarme per le produzioni agricole nella Terra dei Fuochi. “Su un totale di 1.076 Km2 di terreni mappati, le aree ritenute sospette rappresentano il 2%, per un totale di 21,5 Km2, di cui 9,2 Km2 destinati all’agricoltura”. Dai controlli è emerso che sono 51 i siti per i quali è necessario proporre misure di salvaguardia per garantire la sicurezza delle produzioni agroalimentari, per un totale di 64 ettari di suolo agricolo. Stop alla vendita dei prodotti che vengono dai terreni a rischio.
Sono stati mappati 57 comuni, 33 in provincia di Napoli e 24 in provincia di Caserta. Questo quanto emerge dal monitoraggio effettuato dal Ministero delle Politiche agricole, per il quale “allo stato dei risultati attuali e delle informazioni complessivamente disponibili non esistono elementi per definire a rischio il 98% dei terreni sottoposti a mappatura nei 57 comuni identificati nella Direttiva”. Per i terreni classificati a rischio, è vietata la vendita dei prodotti ortofrutticoli.
“Grazie ai risultati della mappatura dei siti nei territori indicati dalla Direttiva interministeriale dello scorso 23 dicembre, abbiamo individuato le aree su cui dobbiamo intervenire. Con il decreto di oggi possiamo mettere in campo azioni incisive e nei prossimi 90 giorni provvederemo ad ulteriori accertamenti. Da subito bloccheremo la vendita dei prodotti ortofrutticoli dei terreni dei 51 siti che sono stati classificati a rischio. La nostra attenzione per questa terra rimane altissima e per questo giovedì sarò a Castel Volturno insieme al Corpo forestale dello Stato”: così il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, durante la conferenza stampa di ieri nel corso della quale sono stati presentati i risultati delle indagini svolte nella Terra dei fuochi ed è stato firmato dal Ministro Martina insieme al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin e al Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, il decreto interministeriale. “Tutelare la salute dei cittadini, garantire le imprese che operano sul territorio e salvaguardare l’ambiente. Con la firma di questo decreto vogliamo raggiungere – ha spiegato Martina – questi obiettivi attraverso un percorso condiviso perché l’operazione che vogliamo portare avanti nella Terra dei fuochi è impegnativa e richiede il contributo di tutti per creare dei veri presidi di legalità”.
Gli esami fatti hanno permesso di realizzare un modello scientifico che contiene la classificazione delle classi di vulnerabilità dei suoli relativamente alla qualità delle produzioni agricole: si va da quelli idonei alla produzione alimentare (classe A), a quelli con limitazione a determinate produzioni agroalimentari in determinate condizioni (classe B), a suoli idonei ad altre produzioni non alimentari (classe C) a suoli per i quali vige il divieto di produzioni agricole (classe D).
Il decreto interministeriale prevede che entro 90 giorni verranno effettuate indagini dirette a indicare i terreni “no food” (e quindi interdetti da produzione alimentare); quelli destinati solo a colture diverse dalla produzione agroalimentare in considerazione delle capacità fitodepurative; quelli destinati solo a determinate produzioni agroalimentari. Viene vietata inoltre l’immissione in vendita dei prodotti ortofrutticoli dei terreni classificati a rischio.
L’immissione sul mercato delle singole colture, spiega il Mipaaf, è consentita ad almeno una di queste condizioni: che le colture siano state già oggetto di controlli ufficiali con esito favorevole negli ultimi 12 mesi; che siano state effettuate indagini, su richiesta e con spese a carico dell’operatore, dall’Autorità competente, con esito analitico favorevole.
I risultati del monitoraggio fanno un po’ di chiarezza nei confronti dei numerosi allarmi degli ultimi tempi. “Gli imprenditori agricoli sui terreni in cui si è riscontrata una contaminazione della quale sono vittime devono essere compensati per la perdita di reddito determinata dal divieto di commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli e occorre inoltre avviare al più presto le operazioni di bonifica strutturale magari con i proventi dei beni confiscati alla criminalità organizzata”, commenta Coldiretti, per la quale “è un fatto estremamente positivo che le aree agricole inquinate siano ridotte rispetto alle preoccupazioni iniziali, ma questo richiede un maggiore impegno per evitare che si ripetano gli stessi fenomeni anche in altre zone”.
Secondo la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori, “solo facendo chiarezza e con una puntuale informazione sulla materia, si disinnesca l’effetto psicosi sui consumi che ha colpito il cibo e l’agricoltura campana. La strada intrapresa dai Ministri competenti sta andando nella giusta direzione, ora le indagini continuino il loro corso per restituire all’agricoltura sana della Campania una grande occasione di rilancio”. La Cia ricorda infatti che l’emergenza ambientale ha messo a rischio valore e immagini di moltissimi prodotti tipici campani, dalla mozzarella di bufala Dop al pomodoro San Marzano, mandando in crisi il sistema agroalimentare della regione. “Adesso non c’è tempo da perdere – conclude la Cia – bisognerà chiudere l’iter previsto e poi, quando tutto sarà trasparente, investire in una grande progetto promozionale per far ripartire l’economia agricola della Campania che gioca un ruolo fondamentale nell’equilibrio del tessuto sociale non solo della Regione ma di tutto il Paese”.


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