Non c’è alcun dubbio che smartphone, Pc e tutti i vari device abbiano cambiato il mondo giorno dopo giorno. Ma dietro queste innovazioni del 21° secolo la tecnologia della filiera di produzione dipende ancora da risorse energetiche del 19° secolo, da pericolose attività estrattive, dall’uso di una chimica dannosa e dallo sfruttamento delle risorse più preziose della Terra. Questa realtà nascosta in netto contrasto con l’immagine di pensiero illuminato unito alla coscienza ambientalista che le più importanti aziende IT proiettano di sé.

A dare le pagelle della sostenibilità nell’hi-tech è Greenpeace Usa. Nel nuovo rapporto “Guide to Greener Electronics 2017”, gli ambientalisti hanno analizzato l’impronta ambientale di 17 big, che insieme nel 2016 hanno generato emissioni per 103 milioni di tonnellate di CO2.

Le aziende sono state valutate su tre parametri: riduzione delle emissioni attraverso le energie rinnovabili, uso di materiali riciclati ed eliminazione di sostanze chimiche pericolose.

La performance peggiore è delle cinesi Xiaomi, Vivo e Oppo, protagoniste del mercato globale degli smartphone, seguite a ruota da Amazon. Tutte prendono la valutazione peggiore, cioè F. La classifica, dal basso, prosegue con Samsung, Asus, Huawei, Google, Sony, Lg e Acer, con punteggi tra il D- e il D+.

La sufficienza è stiracchiata per Lenovo e Microsoft, mentre è piena per HP e Dell. Apple, con voto B-, è seconda. Al primo posto, con una B, c’è Fairphone, una fondazione olandese che commercializza uno smartphone modulare creato con materiali provenienti da commercio equo e solidale e assemblato da lavoratori che godono dei diritti sindacali.

Prendiamo ora in esame alcuni parametri e osserviamoli più nel dettaglio.

Nonostante la trasparenza della filiera produttiva costituisca la parte più consistente dell’impronte ambientale di molte aziende, sono poche le informazioni pubblicate a riguardo, mantenendo quindi nascoste le loro performance e il loro impatto. Delle 17 aziende valutate da Greenpeace, solo 6 forniscono una lista dei loro fornitori e solo Fairphone e Dell rendono noti dettagli più approfonditi sui prodotti e servizi dei fornitori.   Tra i tre top brand del mercato globale degli smartphone, Huawei è il solo a non fornire informazioni sulle emissioni di gas serra prodotti dalla sua catena di produzione.

Malgrado i progressi fatti da molte aziende nell’avviare una trasformazione dei loro uffici e verso le energie rinnovabili, praticamente tutte hanno aumentato la loro dipendenza dalle energie “sporche” per quanto riguarda la catena di produzione. Solo Apple si è impegnata a convertire la sua produzione in un processo 100%.

Samsung è l’azienda più grande di produzione di smartphone e, al tempo stesso, anche il principale fornitore di componenti chiave per molti altri marchi IT. Per le sue attività, nel 2016 l’azienda ha utilizzato più di 16,000 GWh di energia, della quale solo l’1% proveniva da fonti rinnovabili.

I marchi cinesi hanno conquistato il mercato globale ma hanno completamente perso sul piano degli impegni green: Huawei, Oppo e Xiaomi occupano insieme più di un quarto del mercato ma il loro punteggio nelle tre aree considerate dal Rapporto di Greenpeace è decisamente sotto la media, soprattutto per quanto riguarda gli standard di trasparenza e gli impegni per una produzione con 100% di energia rinnovabile.

Amazon resta una delle aziende meno trasparenti in termini di performance ambientale, dal momento che rifiuta ancora di rendere nota sua impronta ambientale per ciò che riguarda le emissioni di gas serra provocate dalle sue attività di produzione.

Dal momento che il mercato degli smartphone è ormai saturo, la maggior parte delle aziende realizza prodotti in modo da accelerare il ciclo di sostituzione dei device o rendendone difficile l’aggiornamento Apple, Microsoft, e Samsung sono le aziende che meno si sono indirizzate vero una produzione più sostenibile, mentre HP, Dell, e Fairphone sono quelle che immettono sul mercato più prodotti facilmente riparabili o aggiornabili.

Greenpeace ha quindi lanciato la campagna “Rethink-IT” per sfidare le aziende del settore IT a prendersi le loro responsabilità nella rapida crescita dell’impronta ambientale che lasciano sul pianeta.


Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!



Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella per confermare l'iscrizione
Privacy Policy

 

Parliamone ;-)