Ci sono opere utili, già finanziate, bloccate spesso da cause paradossali. Altrettanto spesso i soldi ci sono ma rischiano di non essere utilizzati, come è il caso dei fondi europei. Con il dossier #sbloccafuturo Legambiente ha individuato 101 opere piccole e medie incompiute ma utili al territorio e ai cittadini. Opere che andrebbero sbloccate e completate. Riguardano spesso il sistema dei trasporti – ferrovie, trasporti urbani, mobilità dolce – e la messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico. Ci sono poi bonifiche e depurazioni ferme, riqualificazioni urbane mancate, edifici abusivi che stanno ancora in piedi, manutenzione ordinaria del territorio che stenta a essere fatta. Lo racconta Sebastiano Venneri, responsabile Territorio e Innovazione di Legambiente, che spiega come si tratti di opere strategiche per il Paese. Sono spesso piccole opere. Mentre “la grande opera contiene in sé l’elemento del malaffare”, dice Venneri tranchant.
sblocca-futuroSono tutte opere, spiega l’associazione, bloccate “da venti di ordinaria follia”. Chi blocca cosa? “Abbiamo individuato 101 opere, ma rappresentano solo il primo blocco – spiega Venneri – Raccoglieremo altri contributi di opere secondo noi utili (perché non tutte le opere bloccate sono da sbloccare: tante sono giustamente bloccate perché inutili e dannose) bloccate per una serie di problemi, alcuni paradossali ed estremi. Pensiamo solamente al Patto di stabilità interno. Il caso più eclatante è quello della ricostruzione de L’Aquila: c’è quasi un miliardo di euro che non può essere utilizzato perché bloccato dal Patto di stabilità europeo. Ci sono poi tante altre opere che si scontrano con situazioni dialettiche nell’amministrazione, con un contrasto fra Ministeri o fra Pubbliche Amministrazioni. Altre sono ferme per la scarsa capacità progettuale da parte degli enti locali. Sono diverse situazioni che dal nostro punto di vista bisognerebbe affrontare per avere un paese più moderno e competitivo”.
I soldi spesso ci sono e addirittura si rischia di non spenderli.Tutte le 101 opere che abbiamo indicato sono finanziate – prosegue Venneri – Avrebbero i quattrini necessari per andare avanti ma sono bloccate da altri problemi. E spesso sono opere strategiche. In gran parte sono trasporti, anelli ferroviari, piccoli tratti di binari. Un caso vale la pena segnalarlo: sono 750 metri di binari che dividono il terminal dove arrivano i container al Porto di Taranto dalla linea ferroviaria. I container cioè arrivano a Taranto e mancano 750 metri di binario per farli passare dalla nave al ferro, così devono passare su gomma per arrivare alla ferrovia. Lo stesso per il porto di Gioia Tauro, dove arriva una grande quantità di container di navi commerciali: manca il passaggio su ferrovia. Poi c’è il grande tema delle bonifiche. Sono finanziate, a cominciare da quella de La Maddalena, che è stata realizzata male durante la fase preparatoria del G8 del 2009 poi trasferito a L’Aquila: ci sono 11 milioni di euro per realizzare il completamento della bonifica dei fondali della Maddalena, potrebbe essere un luogo straordinario per accogliere turisti, ma non se ne viene a capo. Sono opere che bloccano un pezzo di paese e a torto qualcuno pensa ci siano vincoli posti da comitati locali o ambientali. Gli ambientalisti le opere le vogliono, quando sono utili. A cominciare dall’Alta Velocità che dovrebbe collegare Napoli a Bari: vorremmo si facesse, ma ancora non vede luce nonostante sia un’opera strategica che potrebbe rilanciare il Mezzogiorno. Ancora: c’è l’idrovia fra Padova e Venezia, altra grande incompiuta, che addirittura si trascina dal 1963”.
A questi si può aggiungere anche il raddoppio ferroviario Genova-Ventimiglia, noto alle cronache perché qualche mese fa su quella tratta rimase sospeso un treno nel vuoto, fra la montagna e il mare, e l’ormai “mitica” metropolitana C di Roma che, rileva il dossier, è diventato “il più costoso cantiere pubblico d’Europa”. Cosa impatta di più: sprechi, burocrazia, scarsa trasparenza di gestione? “I vincoli sono diversi e di diversa natura – continua l’esponente di Legambiente – Il raddoppio ferroviario Genova-Ventimiglia è bloccato da un contenzioso con la prima impresa spagnola che aveva preso l’incarico per il raddoppio di questo tratto ferroviario, teatro dell’incredibile incidente col treno sospeso fra la montagna e il mare nell’inverno scorso. C’è un eccesso di litigiosità che spesso la magistratura amministrativa favorisce ulteriormente, con un eccesso di passaggi fra ricorsi che favoriscono la litigiosità fra aziende e amministrazioni locali. Forse questo andrebbe affrontato nella semplificazione della Pubblica Amministrazione, per arrivare a una semplificazione delle procedure che porti a uno sblocco delle opere”.
La semplificazione delle procedure non rischia però di dare il via a un assalto selvaggio a opere inutili? “C’è questo problema però siamo tutti ansiosi di liberarci delle complicazioni inutili – puntualizza Venneri – Non vogliamo togliere un elemento di controllo ma vogliamo evitare che questo controllo possa essere messo a valle di un procedimento e bloccare tutto, come spesso avviene con le Sovrintendenze. Questa è la semplificazione: non una riduzione dei controlli ma delle inutili complicazioni”.
Senza forzare troppo, emerge una differenza fra le grandi opere e quelle che nel dossier di Legambiente sono identificate come opere utili ma niente affatto “grandi”. Talvolta si tratta di interventi semplici. “La dimensione dell’opera non è indifferente rispetto all’utilità e alla possibile degenerazione, in senso di malaffare, dell’opera stessa. Per essere ancora più chiari: la grande opera contiene in sé l’elemento del malaffare. Lo dico in maniera secca. Il Ponte sullo Stretto, il Mose, Expo e quant’altro sono tutte mega-opere che portano con sé la possibilità di favorire il malaffare e che necessitano di un di più di controlli – afferma Venneri – È quasi intrinseco alla grande opera l’elemento del malaffare, perché la grande opera è più difficilmente controllabile, è più facile il subappalto, è più facile l’infiltrazione della criminalità organizzata. Quelle che noi abbiamo indicato sono opere piccole o medio-piccole, di ordinaria manutenzione – quello di cui avrebbe bisogno questo paese – che oltretutto genera reddito. Cito il caso della via dell’Amore, un sentiero che congiunge due paesini delle Cinque Terre: può sembrare naif e poetico, ma su quella via ogni anno ci passavano due milioni di persone che pagavano un biglietto di alcuni euro per percorrere 800 metri. Era un pezzo di economia straordinario. Se la via dell’Amore è bloccata da due anni e mezzo per la difficoltà di avviare il recupero del territorio, non solo viene meno un paesaggio straordinario ma anche un introito per quel territorio. Queste sono opere che sbloccano economicamente un pezzo di Paese”.
 
di Sabrina Bergamini
@sabrybergamini

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