Rischio idrogeologico, Associazioni: poca prevenzione
Di fronte al rischio idrogeologico – frane e alluvioni interessano l’82% dei comuni italiani – si continuano a privilegiare interventi d’urgenza invece di politiche di prevenzione e manutenzione del territorio. Le politiche di prevenzione sono una priorità ma la legge di stabilità stanzia solo 180 milioni di euro “nuovi” in tre anni destinati a questo obiettivo: troppo pochi. La denuncia è di un’ampia coalizione di associazioni ambientaliste e di categoria, ordini professionali ed enti locali. “Continuare a finanziare gli interventi di somma urgenza e solo nuovi 180 milioni di euro per tre anni non sono la soluzione”.
In Italia ci sono oltre 5 milioni di cittadini a rischio. I primi giorni dell’autunno hanno drammaticamente riportato all’attualità il problema del rischio idrogeologico. Liguria, Toscana, Puglia, Sicilia sono le prime regioni che hanno dovuto fare i conti con il problema delle forti piogge e le conseguenti frane o esondazioni di torrenti e fiumi. Il territorio ogni anno è reso più vulnerabile dal consumo di suolo ma la politica di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico continua a basarsi su pochi interventi di somma urgenza invece che su un’azione di prevenzione e manutenzione diffusa su tutto il territorio. Nuovi fondi per la prevenzione però non arrivano nemmeno quest’anno, o ne arrivano troppo pochi.
Spiegano le associazioni: “La legge di stabilità varata dal Governo infatti sblocca 1,3 miliardi di euro per interventi immediatamente cantierabili in attuazione degli Accordi di programma fatti con le Regioni per far fronte alla somma urgenza e ne stanzia di nuovi solo 180 milioni in tre anni così divisi: 30 milioni per il 2014, 50 per il 2015 e 100 per il 2016. Risorse assolutamente insufficienti e soprattutto che non vengono destinate a mettere in campo quell’azione necessaria e integrata di difesa del suolo e mitigazione del rischio idrogeologica quanto mai necessaria”.
Alcuni numeri sono indicativi: negli ultimi 20 anni, per ogni miliardo stanziato in prevenzione ne sono stati spesi oltre 2,5 per riparare i danni. Il Ministero dell’Ambiente ha quantificato in circa 8,4 miliardi di euro i finanziamenti statali dati a politiche di prevenzione, mentre nello stesso periodo si sono spesi 22 miliardi di euro per riparare i danni causati da frane e alluvioni.
“Dopo anni di risorse virtuali e di finanziamenti erogati sulla base di schemi emergenziali, occorreva quest’anno dare impulso ad investimenti veri, duraturi, di buona finanza ma soprattutto di buona prevenzione. Ma così non è stato – continua la coalizione – Il debito pubblico e lo spread non possono rappresentare le motivazioni per non intervenire in questo settore, per il quale è necessario trovare meccanismi finanziari adeguati. Serve una scelta politica forte, convinti che l’attuazione di tutto questo non solo produrrà un beneficio in termini di sicurezza, ma anche come rilancio occupazionale ed economico dei territori. Infatti, occorre attivare programmi di manutenzione ordinaria, controllo e tutela del territorio e dei fiumi, per attivare i quali è necessario un supporto tecnico qualificato e diffuso localmente, con la possibilità di creare nuova occupazione. Per questo sarà importante inserire gli interventi e le politiche volte alla mitigazione del rischio idrogeologico anche nella futura programmazione dei fondi strutturali comunitari 2014-2020 e soprattutto permettere alle amministrazioni locali di mettere in campo gli interventi necessari, prevedendo opportune deroghe al patto di stabilità in particolare per le Regioni che partecipano al cofinanziamento degli interventi previsti dagli accordi di programma”.
La coalizione promotrice della denuncia è formata da Legambiente, Coldiretti, Anci, Consiglio nazionale dei geologi, Consiglio nazionale degli architetti, Consiglio nazionale dei dottori agronomi e forestali, Consiglio nazionale degli ingegneri, Consiglio nazionale dei geometri, Inu, Ance, Anbi, WWF, Touring Club Italiano, Slow Food Italia, Cirf, Aipin, Sigea, Aiab, Tavolo nazionale dei contratti di fiume Ag21 Italy, Federparchi, Gruppo183, Arcicaccia, Società dei territorialisti, Alta scuola.
Perché non utilizzare a costo ridicolo il lavoro di rimessa in sicurezza del territorio fornito da migliaia e migliaia di carcerati non strettamente pericolosi che adesso stanno stipati a far niente in cella, con il doppio vantaggio di affrontare due problemi spinosi: la sicurezza ambientale e la rieducazione fisica e mentale di molti condannati che non torneranno a delinquere a fine pena.
Le caserme dismesse possono essere utilizzate come base per il lavoro ed una detenzione più umana, e alcuni reparti dell’esercito utilizzati per il controllo e la prevenzione delle fughe.
Forse è difficile, ma basta cominciare, sulla falsariga di ciò che avviene in paesi più civili del nostro, senza inventarsi niente.
Pensare che c’è tutto l’appennino da rimboschire e da risistemare per il deflusso delle acque, e chissà cos’altro: ricostruzioni, corsi d’acqua, sicurezza delle scuole………….