Rifugiati, Greenpeace: non solo guerra, si scappa anche dal climate change
Scappano dalla guerra e da contesti politici che mettono a rischio la loro vita e chiedono ospitalità in paesi terzi dove coltivano la speranza di ricominciare da capo. Sono milioni ogni anno coloro che fanno richiesta per ottenere lo status di rifugiato e ci si aspetta che nei prossimi anni il loro numero andrà aumentando ancora. A preoccupare, oltre al probabile inasprimento delle situazioni di rischio sullo scacchiere geopolitico internazionale sono anche fattori nuovi.Alluvioni, siccità, tempeste provocate dai cambiamenti climatici stanno già muovendo masse enormi di persone che non possono più vivere dove sono nate.
Secondo il rapporto di Greenpeace Germania “Climate Change, Migration and Displacement”, ogni anno 21,5 milioni di persone sono costrette a lasciare le proprie case a causa dei mutamenti climatici globali: un numero quasi doppio rispetto alle persone costrette a fuggire da guerre e violenza.
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha sviluppato il concetto di “migrazione ambientale”: il cambiamento climatico porta al degrado ambientale cui contribuiscono anche altri fattori, come ad esempio lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Il degrado ambientale distrugge le basi materiali della sussistenza e sempre più espone le persone colpite al rischio di disastri naturali.
“Eventi meteorologici estremi sempre più frequenti costringono milioni di persone nei Paesi più poveri ad abbandonare le proprie case in cerca di sicurezza”, dichiara Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia. “I Paesi più industrializzati e i Paesi in via di sviluppo devono lavorare insieme per trovare soluzioni concrete, sia per affrontare direttamente questi fenomeni che per sostenere e proteggere chi non ha altra scelta che lasciare la propria casa”.
Le conseguenze procurate dai cambiamenti climatici, tra cui buona parte delle migrazioni internazionali, ricadono dunque ancora una volta su coloro che meno hanno contribuito al riscaldamento globale, ossia i gruppi già particolarmente fragili. Ne consegue che le migrazioni correlate ai cambiamenti climatici diventano necessariamente parte del dibattito sui diritti umani.
“Assicurare alle popolazioni colpite e ai migranti un aiuto concreto deve essere considerato come un primo passo per una maggiore giustizia climatica”, sottolineano da Greenpeace, “Accogliere migranti che fuggono dal degrado ambientale è questione di giustizia e solidarietà. Per questo i Paesi del Nord del Pianeta hanno l’obbligo immediato di moltiplicare i loro sforzi per accelerare la transizione dalle fonti fossi alle energie rinnovabili”.