Rete Imprese Italia: consumi indietro di 15 anni, redditi ai livelli del 1986
I redditi degli italiani sono destinati a tornare a quelli del 1986, i consumi al 1998. Un salto indietro di 27 anni per i redditi, di 15 anni per i consumi. È la fotografia impietosa restituita oggi da Rete Imprese Italia. Preoccupate le associazioni dei consumatori di fronte a un’Italia che va “indietro tutta”. L’anno scorso i consumi hanno subito una flessione reale pro-capite del 4,4%, mentre il reddito disponibile reale pro-capite è sceso del 4,8% rispetto al 2011. In numeri, nel 2012 i consumi reali pro-capite 2012 sono ammontati a 15.920 euro a fronte dei 16.654 euro del 2011 mentre il reddito disponibile reale pro-capite è stato pari a 17.337 euro contro 18.216 euro. Si tratta, peraltro, di uno scenario negativo che continuerà anche nel 2013, con un’ulteriore flessione per i consumi reali pro-capite dell’1,4% che li riporterà indietro di 15 anni: per ritrovare un dato analogo bisogna tornare al 1998. In flessione anche il reddito disponibile reale pro-capite, che nel 2013 sarà pari a 16.955 euro contro i 17.337 euro del 2012. In questo caso la “marcia indietro” è di ben 27 anni.
Commenta il Codacons: “In pratica dopo il calo record del 2012, quando, con un meno 4,4% si è registrato un crollo che non ha precedenti dal secondo dopoguerra, nel 2013, come era scontato, non vi sarà, nonostante gli annunci, nessuna ripresa, men che meno dei consumi”.
Per l’associazione il crollo dei consumi deve diventare la priorità del prossimo governo. Come? “Occorrono due cose: modificare il sistema della tassazione in modo che, a parità di gettito, sia rispettato l’art. 53 della Costituzione, ossia il criterio della capacità contributiva e, quindi, sia ad esempio scongiurato l’aumento dell’Iva di luglio, imposta proporzionale. Ad esempio si potrebbe raddoppiare la Tobin tax ed estendere il contributo di solidarietà ai redditi superiori ai 90.000 euro, invece degli attuali 300.000. In secondo luogo – prosegue l’associazione – bisogna che il Governo si interessi anche allo spread che pagano le famiglie e le imprese italiane rispetto a quelle europee, ossia il fatto che gli italiani pagano l’energia, il gas, i telefoni, la benzina, i mutui i conti correnti e le assicurazioni più care d’Europa. Anche oggi Rete imprese Italia ha dimostrato che in Italia si pagano 16,5 euro per 100 KWh di energia, contro i 12,1 dell’Eurozona, ossia il 35,6% in più. Lo spread che va ridotto, dunque, è proprio questo, altrimenti la battaglia sulla competitività sarà persa in partenza. Insomma il costo delle imprese non è solo quello del lavoro su cui tutti si concentrano. Ma anche e soprattutto quello di un Paese fatto di oligopoli e di mancate liberalizzazioni in quei settori chiave che costituiscono spese obbligate sia per le famiglie che per le aziende”.
“Si confermano sempre più gravi i dati relativi all’andamento dei consumi delle famiglie”, affermano Federconsumatori e Adusbef, per i quali i dati di Rete Imprese testimoniano una diminuzione della spesa complessiva delle famiglie pari a 44 miliardi di euro nel biennio 2012-2013. “Una cifra abnorme che non solo dà l’idea della profonda situazione di malessere vissuta dalle famiglie, ma che fa capire bene quanto siano ampie e dannose le conseguenze negative per l’intera economia determinate dalla continua contrazione della domanda di mercato”, sottolineano le due associazioni, che tornano a ribadire come la “stangata” subita a causa dell’aumento della tassazione, dei prezzi e delle tariffe nel biennio 2012-2013 ammonti a 3.823 euro a famiglia (di cui 2.333 euro nel 2012 e 1.490 euro nel 2013).
Sostengono Federconsumatori e Adusbef: “Di fronte a tale crescita incontrollata ed ingiustificata, da anni, invochiamo misure urgenti: a partire da maggiori controlli sulla determinazioni dei prezzi e da un serio sostegno, sotto forma di detassazione, per le famiglie a reddito fisso (lavoratori e pensionati) che risentono in misura maggiore gli effetti negativi della crisi. È indispensabile, inoltre, che il primo punto all’ordine del giorno del nuovo Governo sia abolire definitivamente l’inaccettabile aumento dell’IVA da luglio, che avrà effetti ancor più disastrosi per le famiglie e per l’intera economia”.