Rapporto Istat 2012, risparmio famiglie ai livelli del 1990
Luci e ombre sull’Italia anche se di luci, in questo momento, è difficile parlare. Alla crisi internazionale, nel nostro Paese, si sommano alcuni fattori che hanno origini lontane, ragioni strutturali, e che non sono mutati con gli anni. Non abbiamo sfruttato i vantaggi legati al processo di integrazione europeo e, ora che l’intera Unione Europea è in crisi, sembra quasi di vivere un dejà-vu con gli anni ’90. Certo da allora qualcosa è cambiato e non va minimizzato. A fotografare questo difficile momento di passaggio che sta vivendo l’Italia è il Rapporto annuale dell’Istat, il ventesimo, presentato oggi a Roma.
Un Rapporto arricchito anche con i dati dell’ultimo censimento che ha contato 59 milioni 464mila residenti in Italia al 9 ottobre 2011. Rispetto al censimento del 1991 la popolazione è cresciuta di 2 milioni 687mila persone che sono in gran parte stranieri. Nonostante la popolazione italiana sia aumentata, siamo uno dei paesi più vecchi d’Europa (ci batte solo la Germania): ogni 100 persone che hanno meno di 15 anni ce ne solo più di 144 con oltre 65 anni.
Il tasso di fertilità è sempre più basso ed è saltata la struttura su cui, per tradizione, ha retto il Paese: la famiglia. Negli ultimi 20 anni le famiglie italiane sono passate da 20 a 24 milioni, ma i componenti sono scesi da 2,7 a 2,4. Sono aumentate le persone sole, le coppie senza figli e le famiglie monogenitore, mentre sono diminuite le coppie con figli. Anche al Sud la famiglia tradizionale (coppia coniugate con figli) è in crisi: nel 1993 rappresentava il 52,8% del totale delle famiglie, oggi si è ridotta al 40%.
A nuove forme familiari si affiancano i giovani che restano figli sempre più a lungo perché non hanno un lavoro che li renda autonomi: il 40% dei ragazzi tra 25 e 34 anni vivono ancora con i genitori. Questi cambiamenti sociali sono strettamente legati a quelli economici: dal 1992 al 2000 l’Italia è cresciuta dell’1,8% annuo; tra il 2000 e il 2011 la crescita media è scesa allo 0,4%. Il mercato del lavoro, ormai è sotto gli occhi di tutti, è diventato sempre più precario e frammentato e a ciò si aggiunge una disoccupazione giovanile crescente e ben oltre il 30% e un’occupazione femminile sempre più bassa e discriminata.
Per fare i conti in tasca alle famiglie non servono quindi grossi calcoli: negli ultimi 20 anni la spesa per consumi delle famiglie è cresciuta a ritmi più elevati rispetto al loro reddito disponibile, riducendone la capacità di risparmio. Dal 2008 il reddito disponibile delle famiglie è aumentato del 2,1%, ma il potere d’acquisto è sceso del 5%. Nel 2011, per far fronte a questa caduta della capacità d’acquisto, le famiglie hanno ridotto la propensione al risparmio (definita dal rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e il loro reddito disponibile), portandola all’8,8%, il valore più basso dal 1990. Solo nella parte finale dell’anno si è registrata una leggera risalita (al 9,1%), favorendo un’accelerazione della caduta dei consumi. Il reddito disponibile delle famiglie italiane in termini reali é diminuito nel 2011 (-0,6) per il quarto anno consecutivo, tornando sui livelli di 10 anni fa. Il reddito procapite è inferiore del 4% al livello del 1992 e del 7% a quello del 2007. In 4 anni la perdita in termini reali è stata pari 1300 euro a testa.
E’ peggiorata la condizione delle famiglie numerose: nel 2010 è risultato in condizione di povertà relativa il 29,9% delle famiglie con 5 e più componenti. Secondo l’Ocse, negli ultimi 30 anni è cresciuto molto il divario tra ricchi e poveri nella maggior parte dei paesi avanzati: in Italia la disuguaglianza è aumentata nella prima metà degli anni ‘90 per poi stabilizzarsi.
“Il 2011 verrà ricordato come l’anno dell’instabilità dell’euro – ha detto il Presidente dell’Istat Enrico Giovannini, ricordando che il 2011 si era aperto nel segno della ripresa, ma poi ha subito l’instabilità della finanza internazionale e la crisi degli Stati sovrani. Giovannini ha sottolineato come “negli ultimi mesi del 2011 ci sia stato un netto cambiamento nella psicologia collettiva del Paese” e che “la vulnerabilità del sistema Italia, dalle imprese alle famiglie, abbia obbligato in maniera traumatica a prendere atto di alcuni problemi” e ad auspicare soluzioni rapide e concrete. “La politica – ha concluso il Presidente dell’Istat – dovrà essere in grado di dare risposte veloci. Rigore, crescita ed equità costituiscono il trinomio per uscire dalla crisi, ma il percorso non potrà che essere graduale. Per funzionare la ricetta deve costruire un rapporto di fiducia con i cittadini”.
Il Presidente della Camera Gianfranco Fini ha posto l’accento sul momento difficile che sta attraversando l’Italia sottolineando, però, il fatto che “accanto ai noti profili di criticità che destano grande preoccupazione, la situazione registra segnali incoraggianti che non devono essere minimizzati e sui quali si può fondare un’inversione di tendenza che permetta al nostro Paese di guardare al futuro con maggiore ottimismo”.
“La storia dell’Europa dimostra che i progressi del continente e le fasi di crescita più intensa e diffusa sono stati realizzati quando non si sono creati squilibri eccessivi nei rapporti di forza tra gli Stati, per cui il percorso non è stato deciso da un unico paese, bensì dall’armonizzazione di esigenze differenti. E’ stato in quelle fasi storiche che si è prodotta l’esperienza unica e preziosa dell’Europa unita – ha concluso Fini – In questo scenario l’Italia ha un ruolo importante da giocare, attraverso la valorizzazione dei punti di forza del suo sistema“.
Il Segretario generale della Cgil Susanna Camusso una risposta alla crisi ce l’ha ed è “redistribuzione del reddito”.
di Antonella Giordano