Rai, MDC: “Futuro del servizio radiotelevisivo si decide ora”
Come sarà il servizio radiotelevisivo italiano del futuro? La domanda è più che mai attuale e la risposta potrebbe arrivare proprio in questi giorni. La Commissione di Vigilanza Rai ha in mano il nuovo contratto di servizio dell’azienda e sta ascoltando una serie di soggetti interessati al tema: ieri l’audizione con una delegazione del Movimento Difesa del Cittadino, costituita dal presidente Antonio Longo, dal vicepresidente Francesco Luongo e dal responsabile Privacy Generoso Testa.
“Riteniamo che la Commissione abbia apprezzato l’intervento e terrà conto dei rilievi che abbiamo mosso, in particolare, le nostre proposte sul miglioramento della qualità dei programmi televisivi con l’inserimento di un bollino blu sui programmi pagati con i soldi del canone. Proposta che ha già sollevato una serie di critiche da parte di lobby all’interno della Rai stessa che hanno tutto l’interesse a mantenere l’attuale opacità della programmazione”.
Perché è così importante porre l’attenzione sul nuovo contratto di servizio Rai? “Tra una decina di giorni la Commissione di Vigilanza potrebbe trasmetterlo al Ministero dello Sviluppo Economico che lo approverà direttamente. Dopo di che – precisa Francesco Luongo – il documento sarà legge e indicherà tutti i diritti e i doveri del cittadino nei confronti del servizio radiotelevisivo da qui al 2016”.
Che succederà poi? “E’ questo il nodo centrale della discussione: il 6 maggio 2016 scade la convenzione relativa all’affidamento del servizio pubblico radiotelevisivo nazionale dopo 20 anni. Proprio il nuovo contratto porrà le basi per ridiscutere integralmente il servizio pubblico radiotelevisivo in Italia. Si aprono, pertanto, scenari molto interessanti ma anche molto tesi sul futuro dell’azienda e più in generale sul destino del pubblico servizio radiotelevisivo nel nostro paese con la possibilità anche di una privatizzazione totale o parziale” spiega il vicepresidente del Movimento Difesa del Cittadino.
Insomma dal 2016 potrebbe anche essere un’altra azienda a fornire il servizio agli italiani e bisogna, già da adesso, interessarsi ai costi e alla qualità della programmazione del futuro. Il tema non è sfuggito alla politica che, in diversi modi, sta cercando di fare qualcosa. C’è l’esperimento Rai Watch, ovvero un sito nato come osservatorio sull’attività dell’azienda, sugli incarichi e sui compensi di giornalisti e dirigenti. Il sito, però, è stato oscurato proprio dalla Rai. “Indipendentemente dallo schieramento politico che ha proposto quest’iniziativa – ha detto Luongo – credo che sia grave e pericoloso che un sito che promuove osservazioni e critiche sulla Rai si veda oscurare”.
“La Rai vuole essere un po’ repubblica autonoma, ma non lo può fare. Noi spingiamo affinché alla Rai siano pienamente estese le normative di trasparenza già esistenti ed applicate nella pubblica amministrazione e alle società che erogano servizi in concessione ai sensi del decreto legge 33 del 2013 e della legge 190 del 2012 che ha affidato il controllo e la pianificazione all’Autorità nazionale anticorruzione e per la trasparenza (vecchia Civit). Questa autorità già aveva incontrato in tavoli tecnici quelli della Rai per garantire la trasparenza su incarichi e compensi”.
Sempre in un’ottica di trasparenza Francesco Luongo ha fatto un richiamo al decreto sulla razionalizzazione della Pubblica amministrazione (convertito in legge 101 del 2013) che prevede, con una norma ad hoc, l’obbligo per la Rai di comunicare al Mise il costo annuo del personale utilizzato relativamente ai singoli rapporti di lavoro dipendente e autonomo.
Sulla stessa scia si pone il progetto “Cambiamo la Rai” lanciato dal Senatore Maurizio Rossi per affrontare, in vista di quel famoso 2016, le problematiche di tutto il sistema dell’informazione nazionale, non solo della Rai, guardando ad un progetto costruttivo anche se ridimensionato del ruolo della Rai. “Nessuno vuole che la Rai segua il destino della tv greca ma neanche che tutto il mondo dell’informazione italiana imploda con gravi rischi per la pluralità dell’informazione del Paese” si legge sul sito.
di Antonella Giordano (twitter @Anto_Gior)
le certificazioni di qualità prevedono la trasparenza sulla struttura nonchè la mappatura delle professionalità e delle responsabiilità, specialmente per i dirigenti che amministrano i contributi degli abbonati. I miglioramenti sono un dovere da perseguire, in alternativa gli abbonati preferirebbero una rapida privatizzazione. E da ricordare; che in ultima analisi lo stipendio lo pagano i Clienti i quali pretendono professionalita decisamente migliori