Procreazione assistita: 4 mila coppie in fuga all’estero
Continua la fuga delle coppie italiane che vanno all’estero per un trattamento di procreazione assistita: sono circa 4 mila le coppie che nel 2011 hanno varcato i confini nazionali per cercare di avere un bambino. Di queste, più di 2 mila si recano in centri esteri per ricorrere alla fecondazione eterologa, che in Italia è vietata, ma altrettante escono dai confini nazionali per eseguire trattamenti di procreazione assistita permesse anche in Italia.
E ci sono almeno 32 richieste di maternità surrogata di nostri concittadini nei paesi in cui questa è permessa: le richieste di cui si ha notizia si sono dirette verso Russia, Ucraina, Georgia e Armenia. I dati vengono dalla quarta indagine dell’Osservatorio sul Turismo Procreativo (nato dopo l’entrata in vigore della legge 40 per monitorare l’esodo delle coppie infertili che cercano un figlio all’estero), condotta su 39 centri esteri di 21 paesi europei e extraeuropei fra quelli maggiormente frequentati dal pazienti italiani. Il Centro evidenzia che, a differenza del 2010 quando 2 coppie su 3 varcavano i confini nazionali per avere cure che in Italia non erano permesse, nel 2011 la situazione è cambiata: non è solo per la fecondazione eterologa che si va all’estero ma anche per una serie di trattamenti che in Italia sono consentiti. Si legge nella ricerca: “La fotografia scattata ci restituisce un panorama piuttosto sconsolante. Nel 2011 almeno 4000 coppie si sono recate all’estero: metà di queste hanno scelto di espatriare per necessità, perché devono ricorrere alla fecondazione eterologa, l’altra metà lo ha fatto senza apparente indicazione medica, per eseguire trattamenti consentiti anche in Italia”.
Le coppie in fuga per l’eterologa sono circa 2 mila, anche se si tratta di una stima per difetto. E ci sono altrettante coppie che si recano all’estero per eseguire trattamenti omologhi. “Le ripetute e diverse sentenze, ultima quella della Corte Costituzionale del marzo 2009, non hanno prodotto un flusso di informazioni tali da garantire ai pazienti la possibilità di scegliere in maniera informata – scrive l’Osservatorio – Molta è la confusione e l’ignoranza che ancora circonda la norma che regola la procreazione assistita in Italia. Così, anche chi potrebbe scegliere di restare a casa, pensa di essere obbligato ad andare all’estero. Capita, per esempio, a chi ha necessità di eseguire una diagnosi genetica pre-impianto, perché colpito da gravi malattie genetiche, oppure a chi vuole congelare tutti gli embrioni prodotti con un ciclo di stimolazione”.
I pazienti non hanno ancora informazioni sufficienti sulle modifiche della normativa e in mancanza di notizie certe vanno all’estero. La meta preferita degli italiani è la Spagna, seguita dalla Svizzera e dalla Repubblica Ceca. Fra le motivazioni che spingono a rivolgersi a centri esteri, vi sono fra gli altri la confusione sulla legge 40 – “non capisco cosa è permesso e cosa no in Italia, quindi vado all’estero” – e la mancanza di fiducia nelle strutture italiane, ma pesano anche la convinzione che i centri esteri siano più disponibili, la visibilità e la fama delle strutture, il tentativo di rivolgersi all’estero dopo aver tentato trattamenti in Italia senza successo, il costo dei trattamenti – le strutture dell’Est Europa hanno prezzi inferiori, anche se l’aspetto economico è un elemento accessorio rispetto alla fama della struttura.
Di fronte a questi dati, particolarmente critica sull’impianto della legge è la senatrice dei radicali Donatella Poretti, segretaria della commissione igiene e Sanità: “I dati della quarta indagine dell’Osservatorio sul Turismo Procreativo confermano che una pessima legge produce pessimi risultati e tra gli effetti collaterali anche la sfiducia dei pazienti nell’Italia e nei centri di fecondazione assistita – commenta Poretti – Delle 4 mila coppie che “emigrano” per sottoporsi a fecondazione assistita all’estero solo la metà perchè costretta dai divieti della legge, in particolare il divieto di eterologa, ma l’altra metà è il dato più preoccupante. Duemila coppie vanno in centri all’estero perchè non hanno fiducia in quelli italiani, perchè la legge non è chiara, per questioni economiche, ecc… Insomma, perchè la legge mal fatta ha ottenuto il suo scopo: essere impraticabile”.
In Italia è solo un business per i “professori” Si pagano in media 5 mila euro ma ci sta anche chi te ne chiede 20 mila! Gli esami te li fanno fare dove dicono loro! Se gli porti esami fatti in centri più economici terminano il rapporto. Molti ancora chiedono” se non ti serve la fattura ti faccio lo sconto” Sono solo business man approfittatori, non salvaguardano il dolore che ha una coppia a non poter avere figli e usano leve psicologiche solo per sfilarti i soldi. Viva i paesi Europei
A dicembre 2011 mi sono sottoposta ad una ICSI in Italia (a Roma) fortunatamente andata a buon fine. Ho speso 3.400 € e tutti gli esami pre ICSI li ho fatti tramite ASL gratuitamente.
Se da questi esami fosse scaturita la necessità di ricorrere alla diagnosi pre-impianto sarei andata probabilmente all’estero.
… a dicembre 2010 no 2011. Mia figlia è nata il 2/08/2011