Pasqua, uova sode colorate. E la sicurezza? Il parere di Antonello Paparella
Cavolo viola, barbabietole, zafferano, curcuma. Oppure E103, E120, E142, E160a? Sono tanti i modi per poter portare a tavola uova sode colorate a Pasqua. Alzi la mano chi non lo ha mai fatto nella sua infanzia! Nei miei ricordi ci sono anche le colorazioni con tempere, acquarelli e pennarelli. Assolutamente non commestibili, ma nel passato molto diffuse. In questi giorni blog e siti web pullulano di articoli, ricette, tutorial, video per uova sode colorate divertenti e ad effetto. Ci sono infatti le uova marmorizzate, a guscio rotto o addirittura psichedeliche! E’ un passatempo delizioso in famiglia, soprattutto per chi ha bambini. L’usanza di colorare le uova deriverebbe dalla leggenda di Maria Maddalena per dimostrare la resurrezione di Cristo all’imperatore Tiberio gli mostrò il miracolo di un uovo che si colorò di rosso.
Ma sul fronte della sicurezza alimentare?
Innanzitutto, distinguiamo tra l’uso di coloranti naturali e di sintesi. Nel primo caso si utilizzano vegetali che rilasciano molto colore (ad esempio la barbabietola o la curcuma) e si fanno bollire le uova in acqua, aceto e il vegetale colorante. Nel secondo caso si fa ricorso ai coloranti alimentari. Parliamo proprio di quelle sigle che spesso troviamo nelle etichette e che vanno da E100 a E199. Sono questi i codici europei che potremmo trovare sulle etichette di prodotti che li contengono. L’etichetta, infatti, deve riportare la categoria dell’additivo (in questo caso colorante), il nome dell’additivo o il codice.
I coloranti alimentari sono additivi alimentari contenuti in numerosi alimenti, tra cui caramelle, merendine, formaggi, marmellate, bevande…Al supermercato si possono trovare anche autonomamente in flaconi di vetro ed è questo tipo di prodotto che può essere usato per colorare le uova sode in casa.
Mettiamo da parte tradizioni familiari e consigli di blog e siti web. Help Consumatori ha sentito il parere dell’esperto, microbiologo alimentare e preside della Facoltà di Scienze e tecnologie alimentari all’Università degli Studi di Teramo. Ecco le nostre domande!
Il colore attraversa il guscio poroso dell’uovo?
E’ possibile che il colorante attraversi il guscio dell’uovo e lasci tracce sull’albume solidificato. Ciò può non rappresentare un problema se la colorazione è stata effettuata con coloranti approvati per l’uso alimentare, con le limitazioni legate ad alcuni specifici coloranti non adatti al consumatore in età scolare.
I coloranti hanno un grande valore estetico per i consumatori e di marketing per i produttore. Necessari o non, si dovrebbe stare attenti a non consumarne in eccesso?
L’uso dei coloranti andrebbe a mio avviso sempre limitato, pur trattandosi di sostanze approvate per l’uso nei prodotti alimentari. La colorazione rende infatti meno visibili le caratteristiche reali dell’alimento, può occultare fenomeni alterativi incipienti e disabituare i consumatori, soprattutto quelli in età scolare, al riconoscimento delle proprietà specifiche di ogni alimento.
Si parla spesso di rischi soprattutto per i bambini. In effetti sulle etichette di prodotti con determinati coloranti alimentari si può trovare scritto: “possono influire negativamente sull’attività e l’attenzione del bambino”. Perché?
In linea di massima, soprattutto per i bambini, è meglio evitare l’uso di coloranti di sintesi. Alcuni di questi, per esempio il giallo arancio e la tartrazina, andrebbero evitati perché è stato ipotizzato in diverse ricerche, anche su riviste scientifiche autorevoli come Lancet, un loro possibile ruolo nell’iperattività infantile, soprattutto in combinazione con un conservante usato nelle bevande colorate e cioè l’acido benzoico. Infatti, se in un alimento si usano questi coloranti, per legge la confezione deve riportare la dicitura “può influire negativamente sull’attività e l’attenzione dei bambini”. Quindi occhio all’etichetta: per i bambini niente E102 (tartrazina), E104 (giallo chinolina) e E110 (giallo arancio).
E’ vero che le uova colorate industrialmente hanno una durabilità maggiore?
La maggior conservabilità delle uova colorate industriali, rispetto a quelle preparate a casa, dipende dalla migliore gestione delle temperature di processo e di conservazione, con particolare riferimento al raffreddamento post cottura e alla conservazione del prodotto finito.
Ma quanto dura un uovo sodo? E lo si può conservare fuori dal frigo?
Nelle uova sode il calore ha inattivato la maggior parte dei microrganismi presenti nell’uovo ma allo stesso tempo ha dissolto la cuticola che riveste il guscio dell’uovo fresco e aperto i pori. Quindi qualunque microrganismo sia depositato sul guscio dell’uovo sodo trova la strada aperta per entrare. Per questo le uova sode vanno messe in frigo entro 2 ore dalla cottura e consumate entro 7 giorni.
Nel periodo di Pasqua, in diverse regioni di Italia, compriamo o prepariamo dolci contenenti uova sode (es. scarcella pugliese o uccello con l’uovo siciliano), che di solito sono conservati a temperatura ambiente. Se abbiamo comprato questi dolci e vogliamo consumare le uova, dobbiamo farlo entro 24 ore dalla preparazione del dolce.