Ogm, Corte Ue: Stati possono vietarli solo per rischi evidenti
Gli Stati possono vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati solo se è evidente l’esistenza di un rischio per la salute umana, animale o per l’ambiente. Non possono adottare misure di emergenza sugli Ogm senza che sia evidente l’esistenza di un grave rischio. Così la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata sulla coltivazione del mais Ogm Mon 810 in una causa che vedeva opposto il Governo italiano a una serie di agricoltori che avevano deciso di coltivare il mais Ogm finendo oggetto di un procedimento penale.
Con questa pronuncia, la Corte di fatto accoglie l’interpretazione che era stata proposta a marzo dall’avvocato generale. Nel 1998 la Commissione europea aveva autorizzato l’immissione in commercio di mais Ogm Mon 810 ritenendo che non ci fossero prove di rischi per la salute o per l’ambiente. Nel 2013, però, il Governo italiano ha chiesto alla Commissione di adottare misure di emergenza per vietare la coltivazione del mais Mon 810 sulla base degli studi fatti da due istituti di ricerca italiano, ma la Commissione ha concluso – basandosi su un parere dell’Efsa – che non vi erano nuove prove scientifiche a supporto delle misure di emergenza richieste che fossero capaci di invalidare le proprie precedenti conclusioni sulla sicurezza del mais Ogm. Nonostante ciò, nel 2013 il governo italiano ha adottato un decreto che vietava la coltivazione del MON 810 nel territorio italiano. Nel 2014 Giorgio Fidenato, insieme ad altri, hanno coltivato il mais Mon 810 in violazione del decreto e sono dunque stati perseguiti penalmente. Alla Corte Ue si è dunque rivolto il Tribunale di Udine, chiedendo di fatto se in materia alimentare sia possibile adottare misure di emergenza sulla base del principio di precauzione.
Oggi la Corte ha detto che la legislazione alimentare dell’Unione e quella sugli Ogm “sono volte ad assicurare un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori, garantendo al contempo l’efficace funzionamento del mercato interno, del quale la libera circolazione degli alimenti e dei mangimi sicuri e sani costituisce un aspetto essenziale”. In questo contesto, la Corte ha stabilito che “qualora non sia accertato che un prodotto geneticamente modificato possa manifestamente comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente, né la Commissione né gli Stati membri hanno la facoltà di adottare misure di emergenza quali il divieto della coltivazione di mais Mon 810”.
In pratica il principio di precauzione, che sul rischio presuppone un’incertezza scientifica, non viene ritenuto sufficiente per adottare misure di emergenza sugli ogm. “ Sebbene tale principio possa giustificare l’adozione di misure provvisorie di gestione del rischio nel settore degli alimenti in generale – spiega la Corte – esso non permette di eludere o di modificare, in particolare rendendole meno stringenti, le disposizioni previste per gli alimenti geneticamente modificati, poiché essi sono già stati oggetto di una valutazione scientifica completa prima di essere immessi in commercio”. La Corte apre all’azione nazionale, invece, qualora la Commissione non abbia ancora deciso. Dice infatti che “uno Stato membro, quando ha informato ufficialmente la Commissione circa la necessità di ricorrere a misure di emergenza e la Commissione non ha adottato nessuna misura, può adottare tali misure a livello nazionale. Esso può inoltre mantenere in vigore o rinnovare tali misure, finché la Commissione non abbia adottato una decisione che ne imponga la proroga, la modificazione o l’abrogazione. In tali circostanze, i giudici nazionali sono competenti a valutare la legittimità delle misure di cui trattasi”.
Notizia pubblicata il 13/09/2017 ore 17.38