Nel mondo ci sono oltre un miliardo di persone senza energia elettrica e quasi tre miliardi senza energia pulita per cucinare. Inevitabile, quindi, che questo argomento fosse incluso nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile. La posizione dell’Italia rispetto al raggiungimento di questo obiettivo dimostra che il Paese non si è ancora indirizzato verso strategie tali che gli consentano di raggiungere gli obiettivi 2030 per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Il governo dell’energia in Italia sta per avere una svolta decisiva con la prossima adozione della Strategia Energetica Nazionale, ma la bozza del documento non è adeguata agli obiettivi di Parigi ed è costruita su un orizzonte troppo breve.

Nel Rapporto AsVis 2017 sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile, la situazione dell’Italia in relazione all’Obiettivo 7 (“Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni”) mostra come la crescita delle fonti rinnovabili in energia primaria ha portato la relativa quota dal 6-8% dei primi anni 2000 a poco meno del 20% (33 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, Mtep) nel 2016.

Parallelamente, il contributo delle rinnovabili al consumo finale è passato dal 7,9% al 17,6% nel 2016, con una crescita lenta negli ultimi anni intorno allo 0,2% annuale, il che ha comunque consentito di superare con cinque anni di anticipo il valore obiettivo (17%) assegnato all’Italia dalla Strategia Europa 2020.

I Target dell’Obiettivo 7 includono diversi impegni significativi sottoscritti dall’Italia, tra i quali:

  • 7.1 Entro il 2030, garantire l’accesso universale ai servizi energetici a prezzi accessibili, affidabili e moderni
  • 7.2 Entro il 2030, aumentare notevolmente la quota di energie rinnovabili nel mix energetico globale
  • 7.3 Entro il 2030, raddoppiare il tasso globale di miglioramento dell’efficienza energetica

Per onorare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi (più impegnativi di quelli della Strategia europea) così da raggiungere, a partire dal 2050, la cosiddetta “equità climatica” (cioè la convergenza delle emissioni pro-capite in tutto il mondo su valori compatibili con lo scenario di aumento della temperatura compreso tra 2° e 1,5° C) l’Italia dovrà quindi compiere degli sforzi in più.

Innanzitutto è necessaria e non più rimandabile una riforma fiscale ecologica che includa i canali di finanziamento Emission Trade Scheme (Ets) europeo e Carbon Tax per il finanziamento delle tecnologie low carbon e per la promozione dell’occupazione e della competitività. Sui settori energetici ed energivori, inoltre, è necessario un potenziamento del meccanismo di riserva di stabilità del sistema, dell’introduzione di un limite inferiore (floor) al prezzo del carbonio, e di una riduzione marcata del cap.

La bozza della Sen non è adeguata agli obiettivi di Parigi ed è costruita su un orizzonte troppo breve, quindi si propone che essa venga integrata con il Piano energia-clima atteso per l’inizio del 2018 e diventi una Strategia Energetica, Climatica ed Ambientale, unificando le diverse politiche e sostenendole con adeguati investimenti per la transizione ecologica e una nuova fiscalità, capace di spostare progressivamente il carico dal reddito alle risorse ed alle esternalità ambientali negative.

@ELeoparco

 

Notizia pubblicata il 10/10/2017 ore 17.28


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