Mondiali, Altroconsumo fa il test a Brazuca (il pallone ufficiale)
Promosso il pallone dei mondiali: Brazuca – questo il pallone ufficiale dei mondiali di calcio brasiliani, prodotto da Adidas – “non deluderà gli appassionati, soprattutto grazie alla buona aerodinamica che rende ben controllabile la traiettoria una volta calciato il pallone”. Differenze ci sono invece fra la versione ufficiale (che costa 130 euro) e la “replica” più economica destinata al grande pubblico (che costa 25 euro). Ma col pallone, parte la domanda: oltre che “buono”, è anche un prodotto “giusto” per i diritti dei lavoratori?
Se lo è chiesto Altroconsumo, che con un test e una visita nella fabbrica cinese di Shenzhen, una delle due che produce il pallone ufficiale per Adidas, ha esaminato le caratteristiche tecniche del pallone ed è andata alla ricerca delle condizioni lavorative degli operai che lavorano nelle fabbriche dedicate alla produzione di questo “feticcio”. Il risultato, è bene dirlo, è molto lontano da qualunque allarme: nella fabbrica il rischio del lavoro minorile molto diffuso negli anni Novanta è ormai lontano perché il pallone viene termosaldato, ma ci sono problemi legati all’uso di sostanze chimiche, anche se la protezione (seppur minima) dei lavoratori risulta a norma.
Scrive Altroconsumo: “Il campionato mondiale di calcio in partenza tra una settimana accende i fari internazionali su atleti, campi di gioco, schemi tattici, tifoserie, palloni. Un evento complesso, con un giro d’affari stimato attorno ai 4 miliardi di dollari per la sola FIFA. Nel cono d’ombra rimangono diversi aspetti, come il mondo della produzione dei palloni, oggetto di culto e di campagne commerciali in pressing evidente in questi giorni che precedono il fischio d’inizio del torneo. Quali sono le condizioni di produzione, quale il rispetto dei diritti umani e dei lavoratori, il livello d’attenzione sulle ricadute ambientali nel realizzare l’oggetto feticcio ufficiale per la Coppa del mondo FIFA 2014?”.
Il test di laboratorio fatto su Brazuca, che ha coinvolto sia esperti di laboratorio sia calciatori brasiliani professionisti, è stato positivo: “I palloni sono stati sottoposti a una prova sofisticata realizzata all’interno di una galleria del vento per simulare le condizioni ideali di gioco. Brazuca ha superato le prove, soprattutto grazie alla buona aerodinamica che rende ben controllabile la traiettoria una volta calciato il pallone”.
L’associazione ha poi potuto visitare – su appuntamento – la fabbrica di Shenzhen, una delle due che produce il pallone ufficiale per Adidas. I rischi ci sono ma sono meno peggiori di quanto ci si aspettasse. Spiega Altroconsumo: “Siamo andati a Shenzen, nel Sud della Cina, una delle due fabbriche dove Adidas produce il pallone mondiale e abbiamo visto con i nostri occhi che la lavorazione, per quanto sofisticata ed evoluta, comporta anche rischi per i lavoratori. Oggi la Cina è il principale paese produttore di palloni da calcio, con il 68% della produzione, un primato fino a pochi anni fa detenuto dal Pakistan. Nell’ultimo decennio la cucitura a macchina dei palloni ha avuto la meglio sulla produzione a mano, determinando questo spostamento della produzione. Di conseguenza anche i temi etici sono cambiati, spostando l’attenzione dal lavoro minorile diffuso nella cucitura a mano dei palloni, verso l’eccesso di ore lavoro nelle fabbriche cinesi”. In Cina, spiega Altroconsumo, rimangono problemi legati alla libertà sindacale, anche se i lavoratori cominciano ad acquisire consapevolezza dei propri diritti. “Rimangono però alcuni aspetti che possono essere migliorati, come l’esposizione dei lavoratori alle sostanze chimiche, la libertà di movimento durante i turni di lavoro e l’impegno per accrescere la consapevolezza dei lavoratori rispetto ai diritti fondamentali stabiliti dall’Organizzazione internazionale del lavoro, tra cui la libertà di associazione”, aggiunge l’associazione.
Nel dettaglio, il 60% della produzione della fabbrica di Shenzen è destinato ai consumatori europei. Il pallone Brazuca è termosaldato, non ci sono più cuciture e questo tiene lontano il rischio dello sfruttamento del lavoro minorile: oggi la produzione è garantita da macchinari che assemblano con il calore e la pressione i vari componenti. I problemi sono legati all’uso di sostanze chimiche. Spiega l’associazione: “Nel reparto di stampaggio l’aria è irrespirabile, tanto da non consentire agli operai di restare alla loro postazione per più di 15 minuti consecutivi. I lavoratori hanno a disposizione attrezzature, come guanti e mascherina, ma abbiamo verificato che offrono una protezione minima, seppur a norma. Per quanto riguarda la sicurezza del pallone, però, escludiamo la presenza di sostanze nocive per i consumatori. Ci saremmo aspettati di peggio, ma se Adidas è promossa è anche perché ci ha dato la possibilità di accedere alla fabbrica solo con una visita concordata con due mesi di anticipo. Il dubbio però resta, in un Paese che non si è ancora liberato dell’ombra delle violazioni dei diritti dei lavoratori e in cui oggi non esiste la libertà sindacale”.
Nella sua inchiesta, l’associazione ha raccolto anche il parere di Bill Anderson, vicepresidente del dipartimento socio-ambientale di Adidas Group-Asia Pacifico, che alla domanda sugli sforzi fatti per tutelare i lavoratori di Brazuca ha risposto: “Da molti anni seguiamo un programma proprio sui diritti dei lavoratori. Gli aspetti sono tanti: la protezione dagli agenti chimici, i diritti femminili, la tutela della salute, il rispetto dell’ambiente, tutte cose che rientrano nel grande ombrello dei diritti umani. Adidas è tra le aziende che prima di altre hanno stilato linee guida in questo campo, che coprono ogni aspetto”.