Non migliora, a un anno di distanza, la situazione dell’accesso alle mense scolastiche per i bambini italiani. Secondo gli ultimi dati diffusi dal MIUR sul numero di bambini che non usufruiscono del servizio mensa in Italia, rimangono senza servizio percentuali altissime di alunni. Ben in 8 regioni il mancato accesso al servizio mensa è superiore al 50%: ciò significa che 1 bambino su 2 non può fermarsi a mangiare a scuola. Le percentuali più alte sono toccate da Sicilia (80%), Puglia (73%), Molise (70%), Campania (65%) e Calabria (63%).

Il quadro per nulla roseo emerge dal quarto rapporto di Save the Children, (Non) Tutti a mensa 2017, che fotografa il servizio di ristorazione scolastica in Italia.

Il costo della mensa sulle spalle delle famiglie italiane varia molto da provincia a provincia: si va da un massimo dei Comuni di Bergamo, Forlì, Parma e Brescia che riferiscono di caricare circa il 100% del costo sulle famiglie, ad un minimo riferito dai Comuni di Siracusa (20%), Reggio Calabria (31%) e Andria (32%).

Per comprendere quale possa essere la differenza tra un bambino che frequenta la mensa a Palermo e un altro Genova, Save The Children ha preso in considerazione due famiglie tipo. Per le famiglie con ISEE < 5000 con tre figli iscritti al servizio di refezione scolastica, le tariffe si mantengono disomogenee e, in alcuni casi, come nei Comuni di Bergamo e Modena, superiori a 4 euro. Le famiglie con ISEE 25.000 e un figlio, pagano un retta di 2,3 euro a Catania, mentre a Livorno di 6,71 euro; sono poi 17 i Comuni che prevedono una tariffa di più di 5 euro.

La difficoltà di accesso per le famiglie economicamente meno abbienti è aggravata molto spesso dalla mancata presenza di agevolazioni: 11 Comuni su 45 non prevedono un’esenzione specifica garantita per tutti, per reddito, composizione familiare o motivi di carattere sociale. 8 di questi 11 comuni prevedono la possibilità di esenzione solo nei casi di disagio accertato tramite la segnalazione da parte dei servizi sociali, mentre i 3 Comuni di Bolzano, Padova e Salerno invece non prevedono nessun tipo di eccezione.

Le riduzioni tariffarie, invece, sono previste in tutti Comuni, ma i criteri applicati sono disomogenei: 40 Comuni su 45 applicano le riduzioni per disagio economico ponendo ognuno una soglia ISEE differente; 35 Comuni modulano le tariffe a seconda della composizione familiare; 13 Comuni sulla base di disagi sociali o segnalazione dei servizi, mentre 4 Comuni riducono la tariffa per i nuclei familiari con disabilità.

Una realtà che contrasta in pieno con il disegno di legge sulla ristorazione collettiva, presentato dal Governo proprio quest’estate”, commenta il Movimento Difesa del Cittadino. “I servizi di ristorazione scolastica devono parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche”, prosegue l’associazione che si domanda come sia possibile vivere in un Paese che nega l’accesso alla mensa scolastica alla metà degli alunni delle scuole primarie e secondarie di primo grado.

“Quello che dovrebbe essere considerato un servizio pubblico essenziale, oltre che un importante momento di condivisione da valorizzare nell’educazione alimentare dei nostri figli, diventa motivo di disparità e di umiliazione per chi viene escluso”, sottolinea il presidente nazionale del Movimento Difesa del Cittadino, Francesco Luongo.

 

Notizia pubblicata il 06/09/2017 ore 17.18


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