Meno pasta e più zuppe, Cna: gli italiani cambiano abitudini alimentari
“Il grano è alla base dell’alimentazione della civiltà occidentale ed è un pilastro di quella italiana”. Ne siamo davvero sicuri? Qualche dubbio sta iniziando a sorgere: nonostante i 24 kg pro capite all’anno di pasta consumata e i circa 60 kg pro capite di pane, focacce e pizze dai forni artigianali sembra infatti che gli italiani non siano più i mangiatori di carboidrati di un tempo. Lo afferma il Cna agroalimentare che evidenzia un’evoluzione delle preferenze dei consumatori che virano, in questo periodo storico, verso il consumo di zuppe, cereali, farro. Accade quindi che la pasta venga consumata meno per motivazioni differenti quali: l’ingrassamento, i tempi di preparazione più lunghi, la digeribilità più pesante per alcuni.
Questo, comunque, può non essere un male perché l’Italia si propone, nel mondo, proprio come abile trasformatore in alimenti pregiati delle eccellenze mondiali, anche nell’ambito delle materie prime. Ciò lo si vede con alcuni nuovi tipi di pasta che stanno, invece, incontrando il favore dei consumatori come: la pasta bio, la pasta gluten free e i prodotti dei grandi operatori che si stanno specializzando sempre più nelle paste premium di altissima qualità.”
In totale gli italiani consumano più di 100 kg all’anno di derivati dal grano duro e tenero – dalla ricerca svolta dalla società Openfields, – L’Italia produce 2 miliardi di cereali all’anno, in costante aumento dal 2010, il grano è 750 milioni di tonnellate, circa 40 milioni è fatto di grano duro che rappresenta quasi il 10% della produzione mondiale.
L’Italia è un paese fortemente importatore di grano nonostante l’Unione Europea ne sia il principale esportatore. Il bacino del Mediterraneo produce 15 milioni di tonnellate, il Messico e gli U.S.A altrettanto, ma ne consumano molto meno e ne esportano di più verso l’Europa.
In Italia il consumo di pasta sta diminuendo, ma all’estero e soprattutto in Africa, sta aumentando in maniera esponenziale perché è un prodotto che si conserva facilmente, mantiene i sapori e sostituisce le polentine fermentate che vengono consumate nei paesi africani come piatto unico.
L’Italia, nel 2017, ha importato oltre il 50% dei propri fabbisogni di cereali, semi oleosi e farine di estrazione (il livello di importazioni era del 41% nel 2012). Nella filiera totale che vede un utilizzo cerealicolo di 39 milioni di tonnellate annue l’Italia ne importa 20 dall’estero.
Tutto questo si riflette sulla produzione della pasta, punto di forza della nostra economia, che ha un volume di esportazione all’estero di 1,9 milioni di tonnellate all’anno, più del 50% della produzione totale.