mediazione civile

Gli italiani sono un popolo di conservatori e per cambiare devono esserne costretti. Ma la svolta è necessaria: è giunto il momento di passare da una cultura del conflitto ad una dell’accordo. E’ il pensiero di Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, in apertura del convegno sulle mediazioni civili e commerciali che si è svolto oggi a Roma.Nel giorno in cui la mediazione (obbligatoria) compie un anno e si apre a nuovi settori (liti condominiali e rc auto) l’iniziativa del sistema camerale ha l’obiettivo di tracciare un bilancio e di sgombrare il campo ad alcuni equivoci che hanno minato la riforma della giustizia. Iniziamo dai numeri. Tra marzo 2011 e marzo 2012 i procedimenti depositati presso le 93 Camere di Commercio, iscritte al registro degli organismi gestito dal ministero della Giustizia, sono stati circa 20mila, oltre 1600 al mese. Il 65% dei procedimenti depositati ha riguardato le materie oggetto di obbligatorietà, soprattutto i diritti reali, la locazione, i contratti bancari e quelli assicurativi. Meno appeal hanno suscitato le controversie relative alla responsabilità medica, la divisione, la successione, i contratti finanziari, l’affitto di aziende, il comodato, la diffamazione a  mezzo stampa e i patti di famiglia. La quota di procedimenti conclusisi con un accordo è pari al 19% medio; nel 63% dei casi, invece, si registra la mancata comparizione dell’aderente mentre nel 18% dei procedimenti non è stato raggiunto l’accordo. Sui tempi siamo a livelli di record: per concludere un procedimento occorrono 56 giorni contro i 1032 della giustizia ordinaria mentre il costo della causa rapportato all’importo della stessa si aggira intorno al 3% (nella giustizia ordinaria stiamo intorno al 29,9%).
I numeri, soprattutto quelli relativi ai tempi, già da soli basterebbero a dimostrare quanto la mediazione possa costituire una leva formidabile per risollevare le sorti delle nostre imprese e per acquisire credibilità verso l’estero: passo necessario per attrarre investitori internazionali. Tuttavia, secondo Dardanello, è necessario “fare di più” continuare ad investire in questa direzione e, soprattutto, ampliare gli ambiti di applicazione della norma. Sugli “indubbi benefici” è d’accordo anche Giorgio Santacroce, presidente della Corte d’Appello di Roma, che però ha ricordato che tra aprile e maggio è atteso il giudizio della Corte Costituzionale chiamata ad esprimersi su un ricorso di costituzionalità presentato dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana ed altri. Il Tar Lazio, ad aprile dello scorso anno, ha promosso in via incidentale il giudizio di legittimità costituzionale di alcune disposizioni del decreto, in primis di quell’articolo che introduce l’obbligatorietà del ricorso alla mediazione. A tal proposito Santacroce ricorda che “in altri Paesi europei, che il Legislatore ha tenuto in conto, la mediazione non solo è obbligatoria ma è anche l’unico sistema per risolvere una serie di controversie”.
Comunque il rischio che la mediazione sia dichiarata incostituzionale c’è, anche se – per dirla con le parole di Beniamino Caravita di Toritto che per Uniocamere ha preparato un atto di intervento dinanzi la Corte Costituzionale – ci sono buone probabilità che la Corte “faccia un passo indietro”. Il parere del sistema camerale sulla questione è netto: le osservazioni del Tar sono tutte prive di fondamento. Innanzitutto perché l’art 24 della Costituzione (uno di quelli che secondo il Tar è stato violato) non impone che il cittadino debba conseguire la propria tutela giurisdizionale sempre allo stesso modo e che l’accesso alla giustizia può essere differito per ragioni di interesse generale (ridurre il contenzioso giudiziario e consentire alle parti di ottenere una giustizia celere a costi contenuti). Sull’eccesso di delega, Unioncamere sostiene che, come dimostra la giurisprudenza, è riconosciuta una estensione del margine di discrezionalità dell’esecutivo a condizione che quest’ultimo agisca nel rispetto della ratio della norma (l’obbligatorietà è servita a realizzare al meglio lo scopo per il quale l’intervento legislativo gli era stato delegato). Infine c’è la questione relativa alle caratteristiche degli organismi di mediazione che, secondo il decreto legislativo, devono essere dotati di “serietà ed efficienza” mentre il Tar rileva che manchino riferimento alla competenza, alla capacità e alla professionalità. Requisiti – rileva Unioncamere – certamente ricompresi in quello di efficienza.
Seppur non tali da mettere in discussione la normativa, nel corso del convegno è stata più volte tirato in ballo il ruolo degli organismi di mediazione e alla necessità che il ministero della Giustizia adotti un controllo più rigoroso. Al momento sembra essere questo il punto debole della riforma, ma ci sono ampi margini di miglioramento.  
di Valentina Corvino


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