TopNews. L’Atlante della zuppa di plastica, Legambiente: Italia modello da seguire
Plastica. Alla sua prima apparizione nella nostra vita quotidiana l’abbiamo accolta come una svolta epocale. Plastica, platica ovunque e per fare ogni cosa. È comoda, leggera, pratica, lavabile ma…non smaltibile al punto che ora rischiamo davvero di annegarci dentro. In acqua la plastica si sminuzza in particelle piccolissime che restano negli oceani, laghi, fiumi, sulla terra e perfino nell’aria dando origine ad una “pappa” praticamente impossibile da eliminare. Ne è consapevole anche l’80% degli italiani, che teme di trovarsi di fronte a un vero e proprio disastro ambientale.
“Il marine litter è un’emergenza ambientale planetaria, la seconda dopo i cambiamenti climatici”, dichiara Stefano Ciafani, presidente di Legmbiente, durante la presentazione dell’edizione italiana dell’Atlante mondiale della zuppa di plastica, presentato oggi alla vigilia della Giornata mondiale degli oceani che si celebra l’8 giugno. “È importante parlare del nostro paese perché sul contrasto all’inquinamento ambientale da plastica siamo un modello a livello internazionale”, continua Ciafani, “Ci capita raramente, ma quando succede vale la pena rivendicarlo”.
L’impatto del marine litter è testimoniato anche dai dati raccolti in questi anni da Legambiente. Solo nel 2018 i volontari dell’associazione hanno ripulito più di 600 spiagge italiane, rimuovendo un’incredibile mole di rifiuti: 200.000 rifiuti tra tappi e bottiglie, più di 100.000 cotton fioc e circa 62.000 tra piatti, bicchieri, posate e cannucce di plastica. L’ultima indagine Beach Litter di Legambiente ha permesso di registrare una media di 968 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia su 93 spiagge italiane tra aprile e maggio scorso: l’81% di questi è rappresentato dalla plastica.
Rifiuti contati e catalogati anche per sfatare un mito: la maggior parte dei rifiuti che giacciono sulle nostre spiagge non sono infatti rifiuti abbandonati direttamente in loco dalle persone. L’inquinamento dei mari ha origine per almeno l’80% sulla terraferma, dall’abbandono consapevole ma anche e soprattutto dalla cattiva gestione dei rifiuti da parte dei comuni e delle società di igiene urbana e dalla cattiva depurazione dei reflui civili.
I rifiuti in mare hanno impatti negativi anche sulle specie che abitano questo ecosistema: tartarughe, mammiferi e uccelli marini, filtratori, invertebrati o pesci, a livello di individui o di specie. È stato calcolato che dal 1997 al 2012 il numero di specie che ha subito danni a causa dei rifiuti marini è cresciuto del 40%, da 247 a 663. I rifiuti in plastica, in particolare, sono responsabili dell’88% degli eventi registrati e circa il 15% delle specie vittime di aggrovigliamento e ingerimento di rifiuti marini è sulla Red List delle specie minacciate dell’IUCN (International Union For Conservation Of Nature, Unione mondiale per la conservazione della natura).
Le possibili soluzioni? Si parte dalle campagne informative per contrastare l’abbandono consapevole alla corretta gestione dei rifiuti per alimentare le filiere produttive dell’economia circolare. Passo fondamentale è anche quello di sostenere l’innovazione di prodotto come nel caso delle bioplastiche che, oltre a rappresentare un’alternativa green alla plastica derivante dal petrolio, aiuta la filiera industriale del compostaggio delle materie organiche. Inoltre, anche la plastica spiaggiata può essere riciclata.
Notizia pubblicata il 07/06/2019 ore 15.06