Italiani o stranieri cambia poco. Se si è giovani, spesso si decide di andar via dall’Italia e di cercar fortuna fuori. Che l’Italia non sia per un paese per giovani è sensazione diffusa un po’ ovunque. Meno conosciuto è il fatto che la tendenza ad andarsene da giovani, insieme a quella di fare meno figli, non riguarda solo gli italiani ma anche gli stranieri e gli italiani di origine straniera. I dati sono stati diffusi da IDOS insieme a Confronti in vista del lancio del Dossier Statistico Immigrazione 2018 previsto per giovedì in tutta Italia.

Ci sono cinque milioni di italiani residenti all’estero e cinque milioni di stranieri residenti in Italia. I numeri sono quasi perfettamente sovrapponibili. Secondo IDOS, “colpisce che nel 2017 il numero degli italiani residenti all’estero (oltre 5.114.000 secondo l’Aire) sia analogo a quello degli stranieri residenti in Italia (5.144.000)”. Ma, prosegue la ricerca, “mentre gli italiani all’estero sono aumentati di circa 141.000 unità in un anno (+2,9%), gli italiani in Italia sono diminuiti di 203.000 nello stesso periodo, nonostante le 147.000 acquisizioni di cittadinanza italiana avvenute nel 2017 da parte di cittadini stranieri residenti in Italia (senza le quali la diminuzione annua della popolazione italiana sarebbe stata di 350.000 unità)”.

Nell’Italia in declino demografico, i giovani sempre più spesso lasciano il paese per cercare fuori lavoro e crescita professionale. Spiega Idos: “In base ai dati Istat, degli oltre 114.000 italiani che si sono trasferiti all’estero nel 2017 (un numero sottodimensionato perché chi lascia l’Italia non sempre formalizza la cancellazione anagrafica, per cui non è irrealistico stimarne circa il doppio), la fascia più rappresentata è quella dei 25-39enni (38.000 persone), maggiormente bisognosa di sbocchi lavorativi, mentre oltre 3 su 10 (30,4%) hanno un titolo di studio universitario o post-universitario (25mila nel 2016, contro i 19mila del 2013)”. La metà di chi ha fissato la residenza all’estero nel 2017 ha meno di 30 anni.

I comportamenti di italiani e stranieri sono sempre più simili. “Il fatto preoccupante – dice IDOS –  è che entrambe le tendenze, quelle di fare meno figli in Italia e di lasciare con più frequenza il paese da giovani, si stanno facendo strada anche tra gli stranieri che vi abitano (oltre 40.500 cancellazioni anagrafiche per l’estero nel 2017: anche questo un dato sottodimensionato). Come pure tra gli italiani “per acquisizione”, cioè di origine straniera: costoro infatti, dopo essersi naturalizzati, sempre più finiscono per trasferirsi all’estero (25.000 tra il 2012 e il 2016, con età media intorno ai 25 anni e per quasi la metà nati in Italia), specialmente all’interno dell’Ue (19.000, il 75,6% del totale), grazie alla libera circolazione loro assicurata dalla cittadinanza italiana”,

“Sono dati – dice Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS – che dimostrano come l’Italia fatichi a offrire condizioni sufficienti per dissuadere un giovane, italiano o straniero che sia, a restare nel paese per costruire il suo futuro. Al di là della falsa credenza che il lavoro non c’è per colpa degli stranieri, che lo ruberebbero agli italiani, la realtà è che i giovani vengono indistintamente convogliati verso impieghi più precari, sottopagati, di breve durata, esposti a sfruttamento, con scarse possibilità di migliorare la situazione lavorativa e sociale. Il risultato è che, frustrati nelle loro prospettive di realizzazione, sia nativi sia immigrati condividono sempre più anche il desiderio di andarsene”. Lasciando da parte l’idea dei cervelli in fuga, “in un mondo globalizzato è normale e positivo che i talenti viaggino, allargando i propri orizzonti a contatto con altre culture, mentre incrementano il bagaglio di competenze – dice Di Sciullo –  Il problema è semmai come rendere anche l’Italia un luogo competitivo di attrazione per giovani provenienti dall’estero e come incentivare un “rientro”, non tanto fisico ma in termini di saperi e professionalità acquisiti dagli emigrati, attraverso collegamenti con centri di eccellenza esteri nei quali i talenti italiani si siano inseriti”.


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