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Dal 2008 è in vigore in Europa una procedura di ingiunzione di pagamento, la quale semplifica e sveltisce le controversie transfrontaliere in materia di crediti pecuniari non contestati, riducendone i costi. Il regolamento garantisce la libera circolazione delle ingiunzioni di pagamento europee all’interno di tutti gli Stati membri definendo norme minime la cui osservanza rende inutile qualsiasi procedura intermedia nello Stato membro di esecuzione in via preliminare al riconoscimento e all’esecuzione stessa. La procedura europea di ingiunzione di pagamento si applica in materia civile e commerciale nelle controversie transfrontaliere, a prescindere dalla natura della giurisdizione. Una “controversia transfrontaliera” è una controversia nella quale almeno una delle parti abbia il proprio domicilio o risieda abitualmente in uno Stato membro diverso dallo Stato membro della giurisdizione adita. Il regolamento 1896/2006 che l’ha introdotta prevede un modulo A per la domanda di ingiunzione di pagamento europea. I crediti pecuniari in causa devono essere liquidi ed esigibili alla data in cui la domanda di ingiunzione di pagamento europea viene introdotta.
Una recente sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha sottolineato che il diritto dell’Unione disciplina in modo esaustivo i requisiti di una domanda d’ingiunzione di pagamento europea. La Corte era stata chiamata in causa in via pregiudiziale dal tribunale regionale di Wrocław, Polonia, che stava valutando la richiesta di una cittadina polacca nei confronti di uan società tedesca. Tale domanda non rispettava però taluni requisiti formali previsti dalla legge polacca – segnatamente quello relativo all’indicazione del valore dell’oggetto della controversia in valuta polacca –  in quanto l’importo principale era stato espresso in euro. Inoltre, la cittadina polacca aveva richiesto il pagamento degli interessi, a decorrere da una data determinata e fino alla data del pagamento del credito  principale.
E’ in questa circostanza che la Corte ha precisato che “il regolamento, benché non sostituisca né armonizzi i meccanismi nazionali di recupero di crediti non contestati, intende istituire un meccanismo uniforme per il recupero di crediti siffatti”.
Per quanto riguarda, infine, la questione se il ricorrente possa richiedere gli interessi maturati fino alla data del pagamento del credito principale, la Corte ha dichiarato che il regolamento d’ingiunzione non vi si oppone. La Corte sottolinea, al riguardo, che un’interpretazione diversa non corrisponderebbe al suo obiettivo, dato che potrebbe aggravare la durata e la complessità del procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento, aumentarne i costi e dissuadere il ricorrente dall’avviare tale procedimento, inducendolo a ricorrere invece a quei procedimenti nazionali che gli consentono di ottenere l’integralità degli interessi.


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