infrastrutture

In venti anni gli investimenti nelle infrastrutture sono diminuiti del 35%. Dalle autostrade agli aeroporti, passando per le ferrovie veloci, l’Italia ha perso posizioni nei confronti dell’Europa e il divario è sempre più accentuato, mentre gli italiani – che pure sono piuttosto diffidenti – cominciano a temere una mobilità sempre più difficile e maggiori difficoltà di spostamento in un paese in futuro sempre più congestionato. Per questo, afferma il Censis, è necessario un insieme di provvedimenti “sblocca Italia”.
La ricerca “Tornare a desiderare le infrastrutture. Trasformazione del territorio e consenso sociale” realizzata dal Censis parte dal declino degli investimenti in infrastrutture: dal 1990 al 2010, nell’arco dunque di venti anni, “in Italia gli investimenti in opere pubbliche sono diminuiti fino agli attuali 29 miliardi di euro, con una contrazione in termini reali del 35%, a fronte di un aumento del Pil nello stesso periodo del 21,9%. La tesi corrente – spiega il Censis –  attribuisce il crollo degli investimenti pubblici alle indagini giudiziarie di Tangentopoli, che certamente hanno rappresentato uno shock per i principali protagonisti dei processi di realizzazione delle opere. Tuttavia, da quel 1992 si è andata esasperando la competizione per catturare risorse finanziarie pubbliche. La spesa per prestazioni sociali è così arrivata a 442,6 miliardi di euro, aumentando nello stesso periodo 1990-2010 del 397,4%”.
La società, per il Censis, ha rinunciato a difendere i beni collettivi e con essi le infrastrutture. E il risultato di tutto questo è un divario crescente con il resto dell’Europa: dal 1990 la rete autostradale in Italia è aumentata del 7%, molto meno che negli altri paesi europei, quali il Regno Unito (dove l’aumento è dell’11,9%), la Germania (più 16,5%), la Francia (61,8%) e la Spagna (più171,6%). Non solo. Mentre 20 anni fa l’Italia era al secondo posto per le ferrovie veloci, dopo la Francia, ora è all’ultimo posto fra i grandi paesi europei perché, spiega il Censis, “dal 1990 da noi sono stati realizzati 699 km, in Francia (che partiva già da 710 km) altri 1.186, in Germania 1.195 km in più, in Spagna (che partiva da 0) 2.056 km”. C’è un divario anche nel campo degli aeroporti e nel numero di aerei in servizio – questi ultimi sono 273 rispetto ai 337 della Spagna, i 441 della Francia, i 670 della Germania. Per il Censis, gli italiani hanno ripiegato sul soggettivismo quindi sulla mobilità individuale, che in sostanza significa l’automobile privata: in questo campo l’Italia conta 605 auto ogni mille abitanti, una quota nettamente superiore a Germania, Francia, Spagna e Regno Unito.
Gli italiani sono diffidenti verso le grandi infrastrutture ma qualcosa sta cambiando: secondo un’indagine Censis-Rur, il 58% degli italiani è convinto che per tornare a crescere è indispensabile realizzare nuove infrastrutture, mentre il 42% ritiene al contrario che è bene salvaguardare il territorio cercando di non realizzare nuovi interventi, in particolare nel Nord-Est (47,5%) e nel Centro Italia (46,5%). La sostanziale spaccatura della popolazione è in qualche modo mitigata dal fatto, più recente, che alla diffidenza si sta accompagnando la preoccupazione di un peggioramento della qualità della vita se non si agisce anche sulle infrastrutture: nel campo dei trasporti il 61% dei cittadini prevede che, se si continua così, fra 5-10 anni l’Italia sarà un Paese più congestionato, con una mobilità sempre più lenta e con difficoltà di spostamento. Il 59% prevede di usare meno l’auto e il 68% pensa di ricorrere di più in futuro al trasporto pubblico – anche perché la benzina costa sempre di più.
Per il Censis,la modernizzazione del territorio e gli investimenti in infrastrutture devono accompagnarsi a una “democrazia di prossimità”: le comunità interessate devono essere coinvolte già nelle prime fasi del progetto attraverso – questa la proposta dell’istituto – un «Dialogo pubblico finalizzato». “In affiancamento al progetto preliminare dell’opera, dovrà essere consultato il territorio in modo da arrivare a un progetto definitivo di cui i cittadini siano informati e che recepisca il più possibile le esigenze legittime degli interessati – scrive il Censis –  Con il progetto esecutivo viene chiusa la fase di coinvolgimento attivo e, attraverso un Comitato di pilotaggio rappresentativo, il territorio potrà ricevere le informazioni e seguire lo stato di avanzamento dei lavori”.


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