inflazione

Inflazione record per l’Italia: il tasso medio annuo per il 2011 è stato del 2,8%, in aumento dell’1,3% sul 2010. Si tratta del dato più alto dal 2008, quando l’inflazione toccò il 3,3%.
Lo comunica l’Istat pubblicando i dati sul “Reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società” nel terzo trimestre del 2011. A salire sono tutti i prezzi dei prodotti da carrello della spesa degli italiani. I prezzi dei prodotti più acquistati sono aumentati in media del 3,5%, mentre nel 2010 l’aumento è stato del 2%.
L’Istat spiega che sull’aumento dell’inflazione hanno influito anche i provvedimenti previsti dalla manovra fiscale di settembre, in particolare, il rialzo dell’Iva ordinaria dal 20% al 21%. Per non parlare degli aumenti delle quotazioni internazionali energetiche che hanno prodotto un sensibile rialzo dei prezzi dei trasporti. Anche il settore abitazione, con acqua, elettricità e combustibili, ha risentito degli effetti degli aumenti dei prezzi delle materie prime energetiche: in questo caso il tasso di inflazione è schizzato dal 3,1% del quarto trimestre 2010 al 6,2% del quarto trimestre 2011.
Si stima che, nel complesso, il rialzo dei prezzi dei beni energetici con un tasso di variazione media annua dell’11,3%, abbia contribuito a determinare quasi un terzo del tasso di inflazione medio anno. In particolare il prezzo della benzina a dicembre 2011 ha registrato un aumento dell’1,9% sul mese precedente. Il prezzo del gasolio per mezzi di trasporto è aumentato del 5,6% sul mese precedente e del 24,3% su base annua. Anche alcuni prodotti alimentari, bevande alcoliche e analcoliche e tabacchi hanno registrato elevati aumenti dei prezzi.
Sono dati drammatici, secondo Federconsumatori e Adusbef che puntano il dito contro il preoccupante aumento dei prezzi dei prodotti di largo consumo, quelli appartenenti al cosiddetto “carrello della spesa”, i cui costi sono aumentati mediamente del 3,5%. Questo vuol dire una ricaduta, solo nel settore alimentare, di circa 175 euro rispetto alla spesa media annua; ma se si considera la spesa complessiva la batosta diventa di 1.032 euro a famiglia. Livelli che non si raggiungevano da anni e che appaiono addirittura sottostimati rispetto a quelli dell’Osservatorio Nazionale di Federconsumatori.
“È inconcepibile che, a fronte della fortissima caduta dei consumi che si registra da anni, i prezzi continuino a crescere in questo modo. È evidente che le volontà speculative hanno superano ormai ogni limite – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef – Il Governo deve fare qualcosa per bloccare immediatamente questi comportamenti. Anche disponendo un vero e proprio blocco di prezzi e tariffe. Se non si interviene al più presto in tal senso nel 2012 andrà decisamente peggio, l’aumento di prezzi e tariffe si prospetta già di oltre 2.103 euro a famiglia. Il tasso di inflazione rischia di situarsi tra il 4 e il 5%. La perdita del potere di acquisto delle famiglie sarà enorme, e questo non potrà che determinare conseguenze negative sull’intera economia, a partire dal versante della produzione”.
Le Associazioni chiedono al Governo di avviare controlli a tappeto su tutto il territorio per contrastare le intollerabili speculazioni che vanno avanti da tempo, concentrandosi soprattutto sui beni di largo consumo e sui carburanti, e accelerando i processi di liberalizzazione.
Secondo un’indagine Coldiretti/Swg il 61% degli italiani nel 2011 ha modificato i propri comportamenti di acquisto confrontando con più attenzione i prezzi nel momento di riempire il carrello della spesa. Molta più gente è andata alla ricerca delle offerte 3 x 2 e il tempo trascorso a fare la spesa si è allungato parecchio per il 55% degli italiani. Il 57% ha ridotto lo spreco di cibo per effetto della crisi e di questi il 47% lo ha fatto facendo la spesa in modo più oculato, il 31% riducendo le dosi acquistate, il 24% utilizzando quello che avanza per il pasto successivo e il 18% guardando con più attenzione alla data di scadenza. “Si tratta – sostiene la Coldiretti – di una tendenza positiva in un Paese come l’Italia dove a causa degli sprechi dal campo alla tavola viene perso cibo per oltre dieci milioni di tonnellate per un valore stimato in 37 miliardi”. 
“Complessivamente – secondo la Coldiretti – la spesa per alimentari insieme a quella per per trasporti, combustibili ed energia elettrica rappresentano oltre il 40% delle spese familiari. Per effetto dell’aumento record dei prezzi, la spesa per trasporti, combustibili ed energia elettrica delle famiglie italiane ha sorpassato nel 2011 quella per gli alimentari. “Un cambiamento che – precisa la Coldiretti – riflette l’andamento dei prezzi sul mercato dove un litro di gasolio costa più di un litro di latte o di un chilo di pasta. Bisogna evitare il rischio reale che le famiglie italiane per far fronte ai rincari energetici in un momento di crisi siano costrette a risparmiare con l’acquisto di cibo a basso prezzo, a cui può corrispondere anche bassa qualità e rischi per la salute”.
La Cia-Confederazione italiana agricoltori sottolinea come l’aumento record di benzina e gasolio si sia riflesso anche sui prezzi alimentari, visto che i prodotti agricoli viaggiano dal campo alla tavola per oltre l’80% con l’autotrasporto su gomma. “In media d’anno – scrive la Cia – i prezzi sugli scaffali degli alimentari lavorati sono cresciuti dell’1,9%, mentre quelli degli alimentari non lavorati sono saliti dell’1,6%. Un incremento notevole che ha cambiato non poco le scelte e le abitudini di spesa degli italiani”.
Secondo la Cia ben una famiglia su tre è stata costretta a tagliare gli acquisti alimentari, tre su cinque hanno dovuto modificare il menù quotidiano e oltre il 30% è stato obbligato a comprare prodotti di qualità inferiore. Analoga la percentuale di chi si è rivolto quasi esclusivamente alle promozioni commerciali, mentre sono cresciuti del 2% gli acquisti presso gli hard-discount. La Cia lancia un allarme: da 3 anni i consumi alimentari sono praticamente al palo e la situazione peggiorerà se non si interviene nell’immediato. 
Confagricoltura ci tiene a sottolineare che sui portafogli dei consumatori hanno pesato notevolmente gli aumenti della benzina (+15,8%), mentre i prezzi della frutta fresca sono calati del 2,3%; i produttori hanno venduti i peperoni ad una quotazione che è la metà dell’anno scorso, e il prezzo all’origine delle zucchine è sceso del 71%. “E’ un dato importante che conferma il contributo anti-inflattivo del settore agricolo che però non riesce a far quadrare i conti. Le aziende si dibattono tra quotazioni all’origine in calo e aumenti dei costi”.
Confagricoltura, pone  in evidenza i dati dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe del Ministero dello Sviluppo Economico con le quotazioni all’origine dei prodotti ortofrutticoli rilevate nella terza settimana di dicembre. Quella settimana, nonostante l’imminenza del Natale, rispetto all’anno prima, i prezzi al produttore, dei kiwi sono calati del 19%, dei mandarini del 15%, delle mele del 5%, delle pere del 37%, dei carciofi 13%, dei cavolfiori del 29%, delle cipolle del 35%. “A fronte di ciò gli aumenti dei costi di produzione, come il gasolio (+24,3% su base annua, in base ai dati Istat) che incide fortemente sulla spesa energetica e dei trasporti delle aziende agricole”.
 


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