A settembre il tasso d’inflazione annuo, secondo le stime dell’Istat, si ferma allo 0,9% (in calo rispetto all’1,2% di agosto). Dato più che dimezzato in soli 7 mesi: a febbraio l’inflazione era all’1,9%. Anche il carrello della spesa è più leggero, con i prodotti ad alta frequenza d’acquisto che aumentano solo dell’1% su base annua. Si tratta del valore più basso da ottobre 2009. Ad agosto i prezzi il tasso di inflazione del carrello della spesa è stato dell’1,7%. “Dati lontani dalla realtà” secondo le AACC.
“Il rallentamento dell’inflazione è ampiamente imputabile ai beni energetici, al netto dei quali la crescita tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo resta stazionaria all’1,3% – spiega l’Istat – In particolare, nonostante i prezzi dei Beni energetici non regolamentati registrino, su base mensile, un aumento relativamente consistente (+1,0%), questo risulta molto più contenuto rispetto a quello rilevato tra agosto e settembre del 2012. In calo anche i prezzi dei Beni alimentari non lavorati (la frutta fresca registra un’inflazione di -4,6%) e dei Servizi relativi ai Trasporti (-5%).
Come sempre, Federconsumatori e Adusbef non ci stanno e criticano aspramente i dati dell’Istat, “lontani anni luce dalla realtà”. Purtroppo le rilevazioni dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, le lamentele e le segnalazioni che riceviamo continuamente da parte dei cittadini dimostrano una realtà completamente diversa. L’aumento complessivo di prezzi e tariffe calcolato dal nostro osservatorio a fine 2013 raggiungerà quota +1.492 euro.
“Un aggravio che risulterà ulteriormente peggiorato dall’imminente, gravissimo, aumento dell’Iva, le cui ricadute secondo le nostre stime ammonteranno a +207 euro annui a famiglia. Ricadute insostenibili per un’ampia parte delle famiglie, i cui bilanci sono ridotti ormai allo stremo – dichiarano i due presidenti Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti – Lo testimonia l’andamento dei consumi in forte contrazione: dalle nostre stime emerge che nel biennio 2012-2013 la caduta complessiva della spesa delle famiglie si attesterà circa a -60 miliardi di Euro. Per questo è indispensabile agire con responsabilità nei confronti del Paese e delle famiglie: lasciare che da domani aumenti l’Iva è un’operazione deleteria ed irresponsabile, che trascinerà l’intera economia su livelli sempre più bassi, rendendo più lontana e difficoltosa la ripresa”.
Secondo il Codacons questa “bella notizia” purtroppo è così effimera da durare solo un giorno. Con lo scatto dell’Iva di domani i prezzi, nonostante il crollo dei consumi, rialzeranno immediatamente la testa, mandando definitivamente sul lastrico le famiglie che faticano ad arrivare a fine mese. Per l’associazione di consumatori, infatti, l’Iva al 22% determinerà, in assenza di arrotondamenti selvaggi e speculazioni, un rialzo dei prezzi dello 0,6% (per la precisione 0,64%), esattamente come previsto e puntualmente verificatosi nel settembre del 2011, quando l’aliquota passò dal 20 al 21%. Si tratta di una stangata che, per una famiglia di 3 persone, equivale a 209 euro su base annua.
Il Codacons ricorda che il precedente aumento Iva fece schizzare l’inflazione dal 2,8% di agosto al 3,4% di ottobre (era aumentata a metà settembre, quindi ci vollero due mesi per dispiegare i suoi effetti), con un aumento congiunturale, da settembre ad ottobre, dello 0,6%, dovuto, come riportato dall’Istat, agli “effetti delle misure previste dalla recente manovra finanziaria (Legge n. 148/2011) e, in particolare, dell’aumento dell’aliquota dell’Iva ordinaria al 21%”. Da allora, per un anno esatto, nonostante il crollo della domanda, l’inflazione non scese più sotto il 3,1%. Poi ad ottobre 2012, finito l’effetto Iva, l’inflazione ridiscese di 6 punti percentuali dal 3,2% di settembre al 2,6%.
Visto che difficilimente ormai si potrà evitare l’aumento dell’Iva, il Codacons chiede al Governo di escludere dal rialzo almeno  i carburanti, per evitare un effetto di trascinamento su tutte le merci trasportate, che, per l’80% viaggiano su gomma. Questo per evitare aumenti dei prezzi anche di quei prodotti, come gli alimentari, che formalmente non sono interessati al rialzo dell’aliquota.
“Con l’inflazione a questi livelli anni fa avremmo fatto i salti di gioia, oggi invece dobbiamo constatare che l’inflazione sotto l’1% segnala che i consumi sono in forte affanno sotto i colpi di una crisi ancora pesante – scrive in una nota Confesercenti – In questo scenario l’aumento dell’Iva di domani finisce per aggravare lo stato dell’economia reale”. Secondo Confesercenti, però, la priorità non è l’Iva al 22%, o l’eventualità di pagare la rata dell’Imu di fine anno, ma è un taglio netto della pressione fiscale reso possibile da una drastica riduzione della spesa pubblica improduttiva. “Ecco perché ripetiamo che occorre cambiare strada, ritrovare stabilità e riaprire un dialogo quanto mai necessario fra Istituzioni, partiti e forze  sociali”.


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