Aumenta contrazione dei consumi, Consumatori: condizione famiglie non migliora
Si confermano, nel mese di settembre 2016, le tendenze negative registrate nei mesi precedenti in merito alle vendite al dettaglio, che presentano una diminuzione congiunturale pari a -0,6%, sia in valore sia in volume. Le vendite di prodotti alimentari diminuiscono dello 0,3% in valore e risultano stazionarie in volume; quelle non alimentari calano dello 0,8% sia in valore sia in volume. Sono i dati diffusi oggi dall’Istat, che rivelano il peggiore calo delle vendite al dettaglio degli ultimi sei mesi.
Rispetto a settembre 2015, le vendite diminuiscono complessivamente dell’1,4% in valore e dell’1,7% in volume, con una flessione più marcata sui prodotti non alimentari: -1,6% in valore e 1,9% in volume. In particolare, le diminuzioni più marcate si rilevano per i gruppi Cartoleria, libri, giornali e riviste (-4,1%) e Calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-3,9). E sono soprattutto i piccoli esercizi a risentire della crisi del commercio, avendo perso il 2,5% di fatturato rispetto ad un anno fa.
“Il rallentamento delle vendite nella seconda parte del 2016, dunque, è ormai un dato di fatto e ci conferma il clima di profonda incertezza in cui ancora vivono le famiglie italiane. Un quadro estremamente preoccupante per il commercio, che è stremato. Nell’ultimo anno l’emorragia di negozi ha investito tutti i comparti: particolarmente grave è la situazione nel commercio al dettaglio di moda, calzature e tessile: in un anno sono spariti 1.402 negozi. Ma ci sono rossi pesanti pure per le edicole ed i rivenditori di quotidiani e periodici (-518 imprese), le cui vendite continuano a crollare, e per le macellerie, di cui ne chiude per sempre una al giorno”, commenta Confesercenti. “E mentre la drammatica erosione degli spazi di mercato dei piccoli esercizi di vicinato continua, la spesa delle famiglie non riparte in modo netto. Un dato evidente dalle vendite degli ultimi tre mesi ma che emerge anche da altri indicatori, come quello dell’inflazione: la ridiscesa in campo negativo dell’indice dei prezzi ad ottobre testimonia infatti il momento di stallo ancora attraversato dalla nostra economia. In assenza di una spinta da parte della domanda, che non sembra incorporare i leggeri risparmi dovuti alla deflazione, la crisi del commercio non finirà. Serve più sostegno diretto all’economia in generale e al rafforzamento, in particolare, della domanda interna. Che, ricordiamo, è anche il principale volano di crescita del nostro Pil”.
“Come sosteniamo da tempo è evidente che per invertire veramente la situazione attuale e dare una nuova scossa all’intero sistema economico è indispensabile un’azione forte e decisa per risollevare i bilanci familiari e creare nuovi redditi. Un’azione che passa attraverso l’avvio di un Piano Straordinario per il Lavoro dedicato al rilancio dell’occupazione ed all’apertura di una nuova fase di sviluppo per il Paese. A tale piano devono essere destinati fondi e risorse ricavate dalla lotta all’evasione fiscale, dal contrasto agli abusi ed agli sprechi, nonché se necessario dalla vendita del 10-15% delle riserve auree”, così Federconsumatori e Adusbef commentano i dati presentati dall’Istat. “Nel dettaglio il piano dovrebbe prevedere investimenti per mettere in sicurezza degli edifici, per incrementare l’innovazione e la ricerca e per valorizzare l’offerta turistica. A fianco di tale programma è indispensabile, per rilanciare i bilanci delle famiglie e le prospettive dell’intero sistema economico, debellare una volta per tutte (e no rinviarle di anno in anno) le clausole di salvaguardia, che a regime comporteranno ricadute di +782 Euro annui a famiglia”.
Secondo Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, “il crollo delle vendite dimostra che la condizione economica delle famiglie non è per niente migliorata, nonostante la deflazione abbia consentito un lieve aumento del potere d’acquisto. In queste condizioni ci sarà l’ennesimo Natale in bianco”, ha affermato. “Solo sconti straordinari prenatalizi potrebbero indurre i consumatori a mettere mano al portafoglio, sempre che lo stipendio sia sufficiente per arrivare alla fine del mese”. Per questo UNC, così come è accaduto oggi in molti negozi italiani che hanno imitato gli Stati Uniti, propone vendite promozionali fino a che le normative lo consentono, ossia fino al 6 dicembre. “Inoltre vanno eliminate regole anacronistiche che non consentono di liberalizzare il prezzo di vendita, ponendo ostacoli assurdi alle vendite sottocosto o alle vendite promozionali, vietate nei 30 giorni che precedono i saldi”.
“Tornando ai dati”, ha concluso Dona, “la cosa grave è che in questi ultimi due anni non ci sono stati segnali di miglioramento. Confrontando le vendite in volume dal 2014 ad oggi, si registra un calo del 3,5%. Per le vendite non alimentari, poi, il crollo è del 4,3 per cento”.
E per il Codacons i dati diffusi dall’Istat sono peggiori di qualsiasi previsione. “Ci aspettavamo anche a settembre un calo delle vendite, ma la riduzione del -1,4% rispetto al 2015 va al di la di ogni peggiore previsione, e fotografa lo stato critico del commercio in. Il trend negativo sta proseguendo anche in queste settimane, e per tale motivo chiediamo una terapia d’urto a Governo e Regioni“. Nello specifico il Codacons chiede alle amministrazioni regionali e al premier Renzi di istituzionalizzare il “Black Friday”, sulla scorta di quanto avviene negli Usa, come forma di sostegno ai consumi in vista del Natale. “Chiediamo di consentire ai negozi di fare sconti speciali alla clientela ogni venerdì del mese da qui a Natale”, ha spiegato l’Associazione . “In questi giorni già molte catene commerciali si sono autonomamente attivate in tal senso, ma non basta: occorre istituzionalizzare il “Black Friday” in tutta Italia, perché senza sconti e promozioni speciali i consumi di Natale appaiono seriamente a rischio, con immenso danno per il commercio e per l’intera economia”.