Il Terzo Settore contro gli inganni della pubblicità del gioco d’azzardo
L’industria del gioco in Italia ha avuto una crescita al di sopra di qualsiasi altro settore nel nostro Paese. 80 miliardi di euro fatturati nel 2011 e un’offerta di prodotti rivolti al pubblico che negli ultimi 15 anni è aumentata esponenzialmente. Tali risultati, ottenuti anche attraverso un battage pubblicitario della migliore specie, hanno indotto un altro effetto: la crescita del numero dei giocatori e della spesa pro-capite destinata a lotterie e giochi a premi di ogni tipo. Alcune ricerche ipotizzano che circa il 2,2% della popolazione adulta del nostro Paese sia da considerare esposta al rischio di patologie compulsive legate al gioco. E’ quanto evidenzia la campagna “Mettiamoci in gioco” contro i rischi dell’azzardo, lanciata dal Terzo Settore.
L’iniziativa, partita il 14 giugno scorso (e promossa da ACLI, ADUSBEF, ALEA, ANCI, ARCI, AUSER, Avviso Pubblico, CGIL, CNCA, CONAGGA, Federconsumatori, FeDerSerD, FICT, FITEL, Gruppo Abele, InterCear, Libera, Uisp) ha organizzato questa mattina a Roma un seminario che ha focalizzato l’attenzione sugli effetti prodotti dalla pubblicità dei giochi d’azzardo sul popolo degli scommettitori. La pubblicità, si sa, è l’anima del commercio e, nel caso di questa particolare industria, tale affermazione sembra essere quanto mai realistica. Le cifre che vengono investite ogni anno per sponsorizzare il gioco d’azzardo sono da capogiro: nel 2009 erano oltre 72,3 i milioni di euro spesi in promozione e si stima che nel 2011 si sia arrivati a 106 milioni.
Il problema principale deriva dal fatto che gli spot che promuovono il gioco d’azzardo contengono talvolta messaggi che vengono catalogati come ingannevoli, ossia che possono recare danno a coloro a cui sono rivolti omettendo informazioni essenziali, così che il pubblico possa essere indotto in errori di valutazione. Essi, come evidenziato dai relatori intervenuti nel corso del seminario, fanno leva sulle debolezze degli spettatori (o dei lettori) e li spingono ad assumere un comportamento che potrebbe diventare “a rischio”.
“Il messaggio che tende a radicarsi maggiormente nel giocatore è che vincere è facile”, sottolinea Matteo Iorio, presidente del Conagga. In realtà i dati statistici dimostrano totalmente il contrario. “Ad esempio”, spiega Iorio, “vincere 500 mila euro al Gratta e Vinci ha una probabilità pari allo 0,000016%, ma la gente percepisce la vincita molto più possibile di quanto non sia in realtà”. Questo è dovuto al fatto che è invece molto più probabile riuscire a trovare un biglietto che ricompensi almeno della spesa iniziale. Tale evento viene percepito dalla nostra mente come un “rinforzo” a giocare ancora, a riprovarci perché vincere di più è a portata di mano.
È interessante osservare, inoltre, che le fasce di popolazione maggiormente coinvolte nel fenomeno del gioco compulsivo sono quelle più deboli: giovani e anziani su tutti, ma vale la pena evidenziare che in tempi critici come quelli che stiamo vivendo sono sempre di più le persone attratte dalla possibilità di comprarsi un sogno. “A scoraggiare i giocatori più incalliti sembra non bastare neppure la crisi finanziaria. Anzi”, sottolinea Arianna Montanari, docente di sociologia e coordinatrice del dibattito, “proprio la crisi sembra aver rafforzato il comportamento del gioco, dal momento che molte certezze sono andate perdute”.
Per limitare la crescita forsennata del gioco d’azzardo, dunque, in che modo si potrebbe agire? Quello che si propongono di fare le associazioni del Terzo Settore coinvolte nel progetto “Mettiamoci in gioco” è cercare di aumentare le tutele per la collettività e i giocatori, favorire gli interventi rivolti ad aiutare i giocatori patologici ad uscire fuori dalla loro condizione. In particolare chiedono allo Stato di affidare il controllo dell’industria del gioco ad un’Autorità esterna e non al Ministero del Tesoro e delle Finanze che è tra i maggiori fruitori dei proventi derivati da questa attività. Lo Stato, inoltre, per tutelare gli interessi dei cittadini e proteggerli dalle ludopatie, dovrebbe vietare la diffusione di messaggi pubblicitari sui giochi e non limitarsi a sanzionare quelli ritenuti ingannevoli. “Tale meccanismo”, spiega Vanna Pizzi, vice presidente di Federconsumatori, “porta ad aggirare l’ostacolo cambiando opportunamente il testo dello slogan, ma il messaggio resta comunque fuorviante”.
L’esigenza di interventi mirati contro l’azzardo e gli inganni con cui i cittadini vengono attirati nelle spire del gioco sono quindi da considerare necessari e urgenti ed occorre partire dal livello più basso, quindi dalla cultura diffusa nel Paese, per estirpare radicalmente il rischio di far degenerare il fenomeno in dipendenza diffusa.
di Elena Leoparco