Hotspot Italia, Amnesty denuncia pestaggi e torture
“Mi hanno dato scosse con il manganello elettrico diverse volte sulla gamba sinistra, poi sulla gamba destra, sul torace e sulla pancia. Ero troppo debole, non riuscivo a fare resistenza e a un certo punto mi hanno preso entrambe le mani e le hanno messe nella macchina [per prendere le impronte digitali]”. Il racconto è di un sedicenne, originario del Darfur, arrivato in Italia e picchiato dalle forze dell’ordine. La denuncia viene da Amnesty International che punta il dito contro la mano dura chiesta dall’Unione europea all’Italia su migranti e rifugiati. Il risultato sono espulsioni illegali, violenze, maltrattamenti e pestaggi che configurano il reato di tortura.
Le impronte digitali vengono prese con la forza, le espulsioni sono frutto di procedimenti rapidi e sommari, spesso vengono violati i più basilari diritti umani. Amnesty ha intervistato oltre 170 rifugiati e migranti. E su 24 testimonianze di maltrattamenti raccolte, in 16 si parla di pestaggi. Tutto è contenuto nel rapporto “Hotspot Italia: come le politiche dell’Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti”. Spiega l’associazione: “Il rapporto mostra come il cosiddetto “approccio hotspot”, promosso dall’Unione europea per identificare migranti e rifugiati al momento dell’arrivo, non solo abbia compromesso il loro diritto a chiedere asilo, ma abbia anche alimentato agghiaccianti episodi di violenza, con l’uso di pestaggi, elettroshock e umiliazioni sessuali”.
Nell’approccio hotspot si chiede di identificare e prendere le impronte digitali alle persone che arrivano sulle frontiere europee, con una veloce valutazione dei bisogni di protezione e, a seconda dei casi, l’avvio delle procedure di asilo o il ritorno nei paesi di origine. Il tutto seguito dalla ricollocazione dei richiedenti asilo in altri stati Ue. Questo secondo aspetto si è rivelato da subito fallimentare e illusorio: finora, evidenzia Amnesty, 1200 persone sono state ricollocate dall’Italia rispetto alle 40.000 promesse, a fronte di oltre 150.000 nuovi arrivi via mare quest’anno.
E se l’Italia è sicuramente in prima linea nel soccorrere i migranti nel Mediterraneo, emergono inquietanti racconti sul comportamento delle forze dell’ordine. “Sebbene nella maggior parte dei casi il comportamento degli agenti di polizia rimanga professionale e la vasta maggioranza delle impronte digitali sia presa senza incidenti, le conclusioni del rapporto di Amnesty International sollevano gravi preoccupazioni e mettono in luce la necessità di un’indagine indipendente sulle prassi attualmente utilizzate”, denuncia l’associazione.
Le testimonianze sono pesanti e raccontano di violenze e impronte digitali prese con la forza. La richiesta fatta dalla Ue all’Italia è che vengano prese le impronte digitali a tutti i nuovi arrivati, ma naturalmente chi vuole chiedere asilo in un altro paese, magari perché lì ha dei parenti, vuole evitare di dare le impronte per non essere rimandato in Italia. Il risultato è diventato l’uso della forza. “Sotto le pressioni dei governi e delle istituzioni dell’Unione europea, l’Italia ha adottato misure coercitive per prendere le impronte digitali. Amnesty International – denuncia l’associazione – ha ricevuto denunce coerenti e concordanti di arresti arbitrari, intimidazioni e uso eccessivo della forza fisica per costringere uomini, donne e anche bambini appena arrivati a farsi prendere le impronte digitali”. Questo significa pestaggi, intimidazioni e violenze. Una donna di 25 anni proveniente dall’Eritrea ha riferito che un agente di polizia l’ha ripetutamente schiaffeggiata sul volto fino a quando non ha accettato di farsi prendere le impronte digitali. In alcuni casi i migranti sono stati colpiti con bastoni elettrici, due giovani hanno raccontato di aver subito umiliazioni sessuali e violenze ai genitali.
I richiedenti asilo vengono separati da chi viene considerato “migrante economico” e questo significa che persone traumatizzate dal viaggio, neanche informate sulle procedure di asilo, sono costrette a rispondere a interrogatori veloci ma determinanti per il loro futuro. “Sulla base di interviste estremamente brevi, agenti di polizia che non hanno ricevuto una formazione adeguata sono chiamati a prendere a tutti gli effetti una decisione sui bisogni di protezione delle persone che hanno di fronte – spiega Amnesty – Coloro che sono giudicati privi di un motivo per chiedere asilo ricevono un ordine di respingimento o di espulsione, incluso attraverso il rimpatrio forzato nel paese di origine, che può esporli a gravi violazioni dei diritti umani”. Anche perché sotto pressione europea, prosegue l’associazione, l’Italia sta cercando di aumentare il numero di migranti rinviati verso i paesi di origine anche con accordi di riammissione con paesi in cui le autorità si sono macchiate di atrocità, come il Sudan.
“Determinati a ridurre il movimento di migranti e rifugiati verso altri stati membri, i leader europei hanno spinto le autorità italiane ai limiti, e talvolta oltre i limiti, della legalità – ha dichiarato Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International sull’Italia – Il risultato è che persone traumatizzate, arrivate in Italia dopo esperienze di viaggio strazianti, vengono sottoposte a procedure viziate e in alcuni casi a gravi violenze da parte della polizia, così come a espulsioni illegali. L’approccio hotspot, elaborato a Bruxelles e applicato in Italia, ha aumentato anziché diminuire la pressione sugli stati di frontiera e sta causando terribili violazioni dei diritti di persone disperatamente vulnerabili, violazioni per le quali le autorità italiane portano una responsabilità diretta e i leader europei una responsabilità politica” . Amnesty ha chiesto chiarimenti al Ministero dell’Interno ma finora non ha ricevuto risposta.