Disinformazione, bufale, post-verità, fake news: tanti modi diversi di alterare il racconto della realtà, di mistificarla o di deviarla, che finiscono per costruire narrazioni false, scorrette o parziali – la gradazione può essere diversa – in grado di colpire gravemente privati e aziende, influenzare l’opinione pubblica su temi importanti come la salute e la sicurezza, condizionare la politica, distruggere la reputazione di figure pubbliche e non solo.

Benvenuti nell’era della post- verità, dove più la spari grossa e più vieni cliccato e più puoi guadagnare.

Secondo un sondaggio del Pew Research Center del 2016, un americano su quattro ha condiviso, in modo consapevole e non, notizie false apparse sul web, mentre quasi due terzi dichiara che le “bufale” create ad arte generano parecchia confusione sui fatti di attualità.

La “Post-Truth” è quindi un fenomeno crescente che sta suscitando un acceso dibattito anche nel nostro Paese, al punto che da più parti si invoca la necessità di dettare regole comuni, anche a livello europeo, per impedire la proliferazione di notizie false. Il rischio di diffondere informazioni incomplete e non sufficientemente verificate è dietro l’angolo e riguarda tutti i media, da quelli di nuova generazione ai canali main stream tradizionali. Sia che si racconti la politica nazionale, l’economia o un fatto di cronaca dovrebbe essere dovere della stampa prestare la dovuta attenzione ai contenuti che si trasmettono.

Ma non sempre è così: più spesso prevale la logica del guadagno, della velocità del racconto, della visibilità a tutti i costi.

Per combattere la battaglia contro la disinformazione che proviene dal web, la rete stessa ha provato a mettere a punto degli strumenti ad hoc. In Italia sono nati blog e siti il cui scopo è quello di smascherare falsi e bufale attraverso il fact checking, ovvero una verifica delle fonti. Su Butac e Bufale.net ad esempio è possibile trovare la black list dei siti e delle pagine Facebook che diffondono “bufale” disinformazione o allarmismo. Sulla stessa scia è nato Polygree, un portale dove l’utente può segnale un’informazione e chiederne la verifica.

Siamo tutti esposti alle bufale e alle conseguenze che esse sono in grado di provocare ma di sicuro le nuove generazioni lo sono un po’ di più, dato il tempo che ogni giorno dedicano alla rete. Per questo motivo, il Ministero dell’Istruzione e la Camera dei Deputati hanno lanciato il Decalogo “Basta Bufale”: una ‘cassetta degli attrezzi’ per difendersi dalle fake news in Rete.

Così è stato definito il decalogo anti-fandonie presentato il 31 ottobre scorso in un liceo classico della Capitale dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, e dalla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli.

Otto punti (più due): condividi solo notizie che hai verificato; usa gli strumenti internet per verificare le notizie; chiedi le fonti e le prove; chiedi aiuto a una persona esperta o a un ente competente; ricorda che anche internet e i social network sono manipolabili; riconosci i vari tipi negli stili delle notizie false; hai un potere enorme, usalo bene; dai il buon esempio. I restanti due consigli pratici saranno frutto del lavoro di confronto tra gli oltre 4,2 milioni di studenti delle scuole secondarie di I e II.

Le bufale creano confusione, seminano paure e odio e inquinano irrimediabilmente il dibattito. Le bufale non sono innocue goliardate. Le bufale possono provocare danni reali alle persone”, scrive Laura Boldrini sul documento che accompagna il Decalogo.

E continua: “Questo è il tempo della responsabilità. Non si tratta né di bavagli né di censure. Si tratta di reagire e affrontare un problema che ci riguarda tutti. Firmare questo appello significa fare la propria parte e dare il proprio contributo. Alcuni ambiti, poi, sono più esposti di altri e hanno una maggiore responsabilità: la scuola in primis, ma anche l’informazione, le imprese, i social network. A chi vi opera chiediamo uno sforzo aggiuntivo”.

 

Notizia pubblicata il 17/11/2017 ore 17.04


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