Il termine “Populismo”, dopo anni in cui era rimasto praticamente inutilizzato tra le pagine dei dizionari di mezzo mondo, ha riacquistato da qualche tempo una nuova notorietà rimbalzando di Stato in Stato, dalla comunicazione alla politica, dalle élite alla società civile. Di populismo e delle sue implicazioni e ricadute negative si è parlato nel primo panel del Seminario organizzato dal Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) che si è svolto a Madrid lo scorso 23 e 24 novembre.

Il populismo può essere declinato sia come supporto alle preoccupazioni dell’opinione pubblica, sia nel senso di vera e propria demagogia che contrappone le “élite” alla “gente comune”.

In questo contesto, dunque, quale ruolo può avere la società civile per far fronte alla sfida del populismo?

È stata questa la domanda di base analizzata dagli esperti seduti alla tavola rotonda, moderata da Gabriele Bischoff, presidente del Gruppo “Lavoratori” del CESE, la quale ha sottolineato, all’apertura dei lavori, che “Il populismo è simile a un camaleonte che in grado di cambiare pelle e adattarsi ad essere utilizzato in ogni ambito. Dalla politica, all’economia, alla salute, all’ambiente, non c’è argomento nel quale non possano essere utilizzate idee populiste”.

Volendo circoscrivere la natura del termine, occorre evidenziare che il populismo in realtà “pur non essendo di un’ideologia vera e propria, è comunque un insieme di frasi e convinzioni che hanno un grande potere accattivante per l’opinione pubblica”, ha dichiarato Michael Hartmann, sociologo e politologo tedesco.

Questo è ancora più evidente nel momento storico che stiamo vivendo, durante il quale la circolazione delle idee è resa più facile, veloce e pervasiva dal potere assunto dai nuovi mezzi di comunicazione, prime fra tutti le reti dei social.

“Con lo sviluppo delle piattaforme social, si è diffusa la convinzione che chiunque potesse fare informazione. In realtà c’è una grande differenza tra l’essere giornalisti di professione e i citizen journalists”, afferma Alberto Garrido, giornalista spagnolo e professore all’Università di Barcellona, “I primi sono tenuti a dare un’informazione corretta e verificata, i secondi possono tutt’al più informare di qualcosa”.

Emerge quindi il ruolo di grande responsabilità che i giornali e i professionisti dell’informazione hanno nel propagarsi delle varie idee populiste che circolano in rete e sui mezzi di comunicazione main stream tradizionali.

Brexit, euroscetticismo, paura dei migranti e della “crisi migratoria”, ma anche incertezza sulla ripresa economica e sulla propria condizione, futura sono frutto, del tutto o in parte, di un insieme di idee che cavalcano i principali timori della vita quotidiana di ognuno.

@ELeoparco

 

Notizia pubblicata il 27/11/2017 ore 17.27


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