HC BABY. Fare “a botte” sulla Rete: il cyberbullismo è solo uno dei pericoli
“Le nuove tecnologie e Internet oggi permeano la vita dei ragazzi e delle famiglie influenzando non solo i processi di costruzione d’identità e socializzazione, ma incidendo anche su riti e gesti della quotidianità e sui contenuti delle conversazioni familiari”. Il Professore Ernesto Caffo, fondatore e Presidente di SOS Il Telefono Azzurro Onlus, si esprimeva i questi termini, commentando a margine della giornata europea dedicata alla sicurezza dei più giovani sulla Rete Internet. “La rete sta cambiando gli stili educativi e presenta una serie di rischi per i più giovani che vanno dalla pornografia al cyberbullismo, dall’utilizzo dei dati forniti per fini commerciali all’adescamento online”.
Stando a queste dichiarazioni, un genitore particolarmente apprensivo o semplicemente attento alle dinamiche che riguardano l’universo dei suoi figli, come prima reazione avrebbe probabilmente l’istinto di proibire categoricamente l’uso delle nuove tecnologie fino al raggiungimento della maggiore età e forse anche un po’ oltre. In realtà la strada del proibizionismo non sembra essere la migliore strategia da perseguire. Occorre invece riuscire a trovare il modo di accompagnare i bambini e gli adolescenti nel loro percorso di scoperta della Rete come strumento di supporto alla vita di tutti i giorni. Alla base di tutto c’è la conoscenza delle opportunità che il web è in grado di offrire così come dei pericoli a cui può esporre.
Fra le esperienze peggiori che si possono vivere online c’è sicuramente il cyberbullismo: il 12% degli adolescenti dichiara di esserne stato vittima, il 32% ha paura di subirlo, mentre il 30% teme il contrario: postare qualcosa che offenda qualcuno senza accorgersene.
Depressione, autolesionismo, tentativi di suicidio sono i frutti avvelenati del cyberbullismo. La gogna mediatica cui sono sottoposti giovani e adolescenti, ripetuta all’infinito attraverso la condivisione delle chat o delle immagini scambiate via smartphone, crea danni enormi alla psiche delle vittime e produce, nei casi più gravi, morti senza senso. Una vittima di cyberbullismo su dieci tenta il suicidio. Il dato era stato pubblicato da una ricerca di Skuola.net e di AdoleScienza.it nell’aprile del 2016 in cui si evidenziava chiaramente come nonostante il bullismo sia più comune (interessa un ragazzo su cinque, contro il 6,5% del cyberbullismo), le conseguenze della violenza online si rivelano molto più pericolose e devastanti.
Il clima basato su insulti, isolamenti e vessazioni quotidiane in cui vivono troppi adolescenti italiani, rende la scuola e la stessa adolescenza più pesante di quanto dovrebbe essere. Il cyberbullismo il male nascosto agli occhi degli adulti e visibile negli smartphone e nei profili social di tutti i ragazzi, invade la psiche, distrugge l’autostima e aumenta notevolmente la probabilità di incorrere in un tentativo di suicidio rispetto alle forme di bullismo più fisiche e verbali, nonostante siano molto più diffuse.
Davanti a tutto questo, anche Facebook ha deciso di prendere posizione e contribuire a eradicare il cyberbullismo dalla Rete. Lo scorso ottobre infatti è stata lanciata la Piattaforma per la prevenzione contro il bullismo, con aree informative destinate a minori, educatori e genitori. La piattaforma offre suggerimenti su come affrontare eventuali episodi di bullismo a danno dei propri figli o dei propri studenti e gli insegnanti possono trovare, inoltre, una scheda sulla prevenzione del bullismo nelle scuole e consigli su come rivolgersi ai propri studenti per informarli e sensibilizzarli al fenomeno.
Disponibili sul sito anche alcuni consigli per monitorare il proprio livello di sicurezza su Facebook, accompagnati da video dimostrativi: proteggere il proprio accesso, segnalare eventuali contenuti inopportuni, essere consapevoli del pubblico con cui si condividono i contenuti, controllare chi può taggare nei post e, quindi, approvare o rifiutare le menzioni degli amici, usare gli strumenti di controllo a disposizione, come la guida che insegna a selezionare il pubblico con cui condividere i propri contenuti.
A livello politico e istituzionale, sempre nel mese di ottobre dello scorso anno, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha promosso un Piano nazionale per prevenire e combattere il bullismo e il cyberbullismo in classe. Il Piano nazionale prevede uno stanziamento 2 milioni di euro per l’anno scolastico in corso che verranno assegnati alle scuole attraverso una call to action. Tra le azioni previste dal Protocollo anche iniziative di formazione per i docenti e la progettazione di azioni finalizzate a sensibilizzare i ragazzi ad una riflessione sull’uso corretto della rete. Dalla Giornata nazionale contro il bullismo a scuola, alla formazione degli insegnanti, dal concorso per gli studenti al format tv: sono alcune delle 10 azioni previste dal Piano nazionale del Miur contro il bullismo e il cyberbullismo.
Sul piano legislativo, invece, il 2016 è stato caratterizzato da una sostanziale immobilità del disegno di legge sulla prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo. Il ddl proposto dalla Senatrice PD, Elena Ferrara, prima firmataria, dopo un primo esame al Senato, era passato nel 2015 alla Camera. Qui aveva subito diverse modifiche: una serie di emendamenti spostavano il proposito delle legge dalle violenze perpetrate sulla Rete al bullismo in tutte le sue manifestazioni. Inoltre, le modifiche introducevano la possibilità di oscurare i contenuti lesivi anche per i maggiorenni ed erano state introdotte norme penali. In molti non hanno apprezzato i cambiamenti, così, durante la nuova discussione in Senato, il testo è stato riportato alla sua forma originaria. Qualche giorno fa, il 31 gennaio 2017, si è finalmente arrivata all’approvazione con 224 voti favorevoli. Tra le novità previste dalla legge, vi è una definizione chiara del fenomeno e la possibilità, per il minore (anche senza che il genitore lo sappia) di chiedere direttamente al gestore del sito l’oscuramento o la rimozione della “cyber aggressione”. Nel caso in cui il gestore ignori l’allarme, la vittima, stavolta con il genitore informato, potrà rivolgersi al Garante per la Privacy che entro 48 ore dovrà intervenire. Il disegno di legge istituisce, tra l’altro, un Tavolo tecnico interministeriale presso la Presidenza del Consiglio con il compito di coordinare i vari interventi e di mettere a punto un Piano integrato contro il bullismo via web. Per quanto riguarda invece la “procedura di ammonimento”, il bullo di età superiore ai 14 anni verrà convocato davanti al Questore insieme ai genitori.
Ma i rischi che bambini e ragazzi possono correre online non si fermano qui. La pedofilia e l’adescamento online sono dietro l’angolo e non sempre è facile tutelarsi. Tanto più che il “nemico” può nascondersi dietro App con miliardi di utenti sparsi in tutto il mondo. È il caso di “Pokemon Go”. Era da poco iniziata l’estate e i bambini stavo per godere di un lungo periodo di riposo e gioco all’aria aperta quando i Pokemon hanno cominciato a invadere le nostre città, riuscendo a far alzare anche i più pigri dal divano per andare alla ricerca del personaggio più raro. A luglio del 2016, Telefono Azzurro ha lanciato l’allarme: la realtà aumentata e la geolocalizzazione, che sono gli elementi su cui si basa il gioco, rischiano di esporre i piccoli giocatori a non pochi pericoli. “Nel mondo virtuale, purtroppo, le differenze di età sono annullate. E questo rischia di essere una grossa fonte di pericoli per i minori, che si ritrovano soli e senza difese, esposti alle mire di malintenzionati”, commentava l’associazione.
In realtà, buona parte dei rischi che si possono correre sulla Rete potrebbero essere arginati con una opportuna gestione dei propri dati personali e quindi una maggiore tutela della privacy dei più piccoli anche da parte degli adulti. Postare foto con minori a volto scoperto, geolocalizzare ogni attività svolta dal figlio durante la giornata, taggare bambini e ragazzi senza avere il consenso dei genitori o degli stessi diretti interessati sono azioni ormai riconosciute come potenzialmente pericolose.
Su questi aspetti particolari è intervenuto il Garante per la protezione dei dati personali che, nel mese di novembre dello scorso anno, ha pubblicato una Guida che prova a dare risposte a diversi interrogativi. Si possono pubblicare sui social media le fotografie scattate durante le recite scolastiche? Le lezioni possono essere registrate? Come si possono prevenire fenomeni come il cyberbullismo o il sexting? Quali accortezze adottare nel pubblicare le graduatorie del personale scolastico? Ci sono cautele specifiche per la fornitura del servizio mensa o per la gestione del “curriculum dello studente”?
Titolo dell’opuscolo è “La scuola a prova di privacy”. Si tratta di un piccolo Vademecum che si pone l’obiettivo di aiutare studenti, famiglie, professori e la stessa amministrazione scolastica a muoversi agevolmente nel mondo della protezione dei dati. Cinque brevi capitoli (Regole generali; Vita dello studente; Mondo connesso e nuove tecnologie; Pubblicazione on line; Videosorveglianza e altri casi) che riportano regole ed esempi, a cui si aggiunge un elenco di Parole Chiave e un Appendice di approfondimento.
di Elena Leoparco