Sarà l’estate o la moda del pesce crudo, ma l’Anisakis sembra sempre più diffuso. Il pm Raffaele Guariniello ha lanciato un vero e proprio allarme tanto che ha convocato la Regione e il Ministero della Salute per “una più tempestiva ed efficace azione di prevenzione del consumo di pesce contaminato da Anisakis, parassita sempre più presente nel pescato in vendita, in particolare in acciughe, sardine, pesce azzurro e molte altre specie ittiche”, ha dichiarato il pm a fonti di stampa. Eppure il parassita in questione è sempre esistito e l’infestazione delle specie ittiche avviene a prescindere dall’intervento dell’uomo o meno. Insomma, un puro evento naturale.
“L’Anisakis – ha spiegato a Help Consumatori la veterinaria e presidente di Eurofishmarket – Valentina Tepedino, è un parassita che può trovarsi in numerosi prodotti ittici e zone geografiche e che può provocare una malattia nell’uomo (anisakidosi) che ne consuma le carni. Questi parassiti si trovano da adulti nell’addome dei pesci e difatti sono visibili, anche ad occhio nudo, intorno ad i loro visceri ed assomigliano a dei vermicelli biancastri da 1 a 3 cm di lunghezza. Il pericolo è costituito dalla possibilità che dopo la pesca a causa di una eviscerazione tardiva o nulla i parassiti possano migrare nelle carni del pesce. In questo caso appunto non è possibile più accorgersi della loro presenza e dunque il consumatore rischia insieme alle carni di consumare anche il parassita. Ciò chiaramente se stiamo parlando di un prodotto consumato crudo o sotto sale o marinato, ecc. poiché la cottura eviterebbe tale rischio uccidendo il parassita”.
Aumentano le segnalazioni che, come dichiarato da Guariniello “arrivano da ogni parte” e  “non vi è un mare a rischio come un paio di  anni fa quando scoprimmo l’inizio del fenomeno e i controlli solo di tipo cartolare che avvenivano nei porti”. Secondo la dottoressa Tepedino “non è cambiato nulla. Sono aumentate le segnalazioni perché i medici oggi conoscono questa malattia e soprattutto perché è decisamente aumentato il consumo di pesce crudo. Sarebbe impossibile operare le dovute verifiche su tutto il pescato per arrivare al “rischio 0” poiché quasi tutte le specie ittiche italiane sono potenzialmente infestate da questo parassita che si trova in tutto il Mediterraneo come in altri oceani. Se si cerca il rischio 0 si deve scegliere di fermare l’economia del comparto ittico nazionale almeno per quello che riguarda la maggioranza delle specie di prodotti ittici freschi interi. L’unica possibilità è la prevenzione attraverso una diffusa campagna informativa ai consumatori utile a renderli consapevoli del potenziale problema “anisakis” ma soprattutto degli strumenti utili ad evitarlo attraverso la cottura ed il congelamento”.
Molti consumatori e ristoratori  – prosegue Tepdino – pensano che l’Anisakis sia un verme e che sia sinonimo di un cattivo stato di conservazione (ci sono i vermi perché il pesce è vecchio!). L’anisakis rappresenta un rischio sanitario solo se non è correttamente gestito attraverso il congelamento o la cottura”.
Facciamo un esempio: una pescheria vende alici. Un consumatore a casa le trova infestate da anisakis. La pescheria è soggetta a sanzione? “La pescheria – spiega la veterinaria – è soggetta a sanzioni amministrative ma anche ad una denuncia penale  da parte del veterinario dell’ASL o dal NAS. È chiaro che va stimato il rischio effettivo ossia normalmente viene effettuato un campionamento dei prodotti ittici a tutti i livelli della filiera (sia dagli organi di controllo che dalle aziende stesse che lo commercializzano). Il rischio sanitario effettivo deve essere valutato da un veterinario dell’ASL che si assume la responsabilità delle azioni correttive.
Come indicato anche dal pm Guariniello la procedura di bonifica è la base per poter somministrare pesce crudo da consumare. Il Reg. CE 853/2004 definisce il procedimento da seguire per poter eliminare il pericolo di somministrazione di prodotti ittici infestati da parassiti come l’Anisakis, ovvero il congelamento a una temperatura non superiore ai -20 gradi in ogni parte della massa per almeno 24 ore.
Si tratta di un procedimento da applicare a una serie di prodotti specificatamente indicati dalla norma: tutti i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi; determinate specie quali (aringhe, sgombri, spratti, salmone selvatico dell’Atlantico o del Pacifico) se devono essere sottoposti ad un trattamento di affumicatura a freddo durante il quale la  temperatura all’interno del prodotto non supera i 60°C; i prodotti della pesca marinati e/o salati se il trattamento praticato non garantisce la distruzione delle larve di nematodi.
Chiaro, quindi, il riferimento anche ai prodotti marinati. Pensiamo alle diffusissime alici marinate offerte nei ristoranti, nelle pescherie o preparate in casa. Come indica il regolamento, ma anche esperti del settore, la marinatura non garantisce l’eliminazione totale dell’Anisakis.
A cura di Silvia Biasotto

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