Greenpeace organizza “Plastic Free Week”: dal 3 all’8 luglio eventi in 16 città
Parte il 3 luglio la “Plastic Free Week”, l’iniziativa di Greenpeace che prevede una serie di eventi in sedici città italiane per sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle più gravi emergenze ambientali dei nostri tempi: l’inquinamento da plastica. Nel corso della settimana, che si concluderà l’8 luglio, saranno in programma numerose iniziative, tra cui la pulizia di spazi verdi pubblici e di alcune spiagge oltre ad aperitivi e pic nic accomunati dall’assenza di plastica monouso. Milano, Palermo, Trieste, Bari, Bologna, Firenze e Catania sono solo alcune delle città in cui si svolgeranno gli eventi della “Plastic Free Week”.
“Gli eventi in programma durante la “Plastic Free Week” dimostrano come sia possibile fare a meno della plastica monouso durante un aperitivo o un pic nic con gli amici, utilizzando stoviglie riutilizzabili e lavabili”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace. “Tuttavia, per ottenere un rapido cambiamento che risponda al grave inquinamento dei nostri mari è necessario che le grandi aziende, consapevoli che è impossibile riciclare tutta la plastica, la smettano di inondare il mercato con enormi quantitativi di imballaggi, avviando programmi per la drastica riduzione dei quantitativi di plastica monouso immessi sul mercato” conclude Ungherese.
In Italia, secondo gli ultimi diffusi da Greenpeace, il tasso di riciclo degli imballaggi è passato dal 38% del 2014 al 43% del 2017. Ciò tuttavia non ha bilanciato l’aumento del consumo di plastica monouso e le tonnellate di imballaggi non riciclati sono rimaste sostanzialmente invariate dal 2014 (1,292 milioni di tonnellate) al 2017 (1,284 milioni di tonnellate) vanificando, di fatto, gli sforzi e gli investimenti per migliorare e rendere più efficiente il sistema del riciclo. Oggi in Italia, di tutti gli imballaggi in plastica immessi al consumo, circa il 40%, in termini di peso, viene effettivamente riciclato, il 40% invece viene bruciato negli inceneritori e il restante 20% immesso in discarica o disperso nell’ambiente.