Google Glass, Garanti Privacy chiedono conto al colosso della rete
E’ una delle ultime frontiere tecnologiche messe in campo da Google e sta già ponendo alcuni dubbi di privacy: parliamo dei Google Glass, una tecnologia in via di sperimentazione legata all’elaborazione elettronica dei dati, indossabile sotto forma di occhiali, che comprende una microcamera, un microfono ed un dispositivo Gps con accesso ad Internet. I Garanti Privacy di diversi paesi chiedono conto a Google.
Quali informazioni vengono raccolte attraverso questi “occhiali”? Come e con chi vengono condivise? Viene garantito il rispetto della legge sulla privacy? Sono alcune delle questioni che le Autorità di protezione dati di diversi continenti riunite nel GPEN (Global Privacy Enforcement Network) hanno messo nero su bianco in una lettera inviata al colosso della rete. Forti sono le preoccupazioni riguardo all’impatto privacy che può derivare dall’uso dei Google Glass e forti i timori sul possibile futuro uso di sistemi di “riconoscimento facciale”.
Le Autorità hanno chiesto a Google un sollecito riscontro sulle implicazioni privacy legate allo sviluppo di questa nuova tecnologia e sulle misure che intende prendere per garantire il rispetto della vita privata in tutti i Paesi del mondo. Google è stata invitata ad un confronto, attraverso incontri e dimostrazioni pratiche sull’uso dei “super-occhiali”.
Nonostante l’esigenza più volte affermata che la privacy sia parte integrante della progettazione di ogni prodotto e servizio prima del lancio, nessuna Autorità di protezione dati è stata sentita dalla multinazionale e le uniche informazioni di cui dispongono i Garanti, derivano in gran parte dai media o dalla pubblicizzazione del dispositivo ad opera della stessa Google.
“Le nuove tecnologie sono state sempre connotate dal binomio “opportunità – rischi” – afferma Antonello Soro, Presidente del Garante privacy – ma certo i Google Glass lasciano prevedere grandi pericoli per la vita privata. Chiunque finisse nel raggio visivo di chi indossa questi occhiali – continua Soro – potrebbe, a quanto è dato sapere, venire fotografato, filmato, riconosciuto e, una volta avuto accesso ai suoi dati sparsi sul web, individuato nei suoi gusti, nelle sue opinioni, nelle sue scelte di vita. La sua vita gli verrebbe in qualche modo sottratta per finire nelle micro memorie degli occhiali o rilanciata in rete. Ci sono già norme che vietano la messa on line di dati personali senza il consenso degli interessati. Ma di fronte a questi strumenti le leggi non bastano: serve un salto di consapevolezza da parte di fornitori di servizi Internet, degli sviluppatori di software, e degli utenti. E’ indispensabile ormai riuscire a promuovere a livello globale un uso etico delle nuove tecnologie”.