La spesa delle famiglie va giù. A indicare quanto pesi la crisi economica sui bilanci familiari e sulle abitudini di acquisto bastano forse due o tre dati di quelli resi noti oggi dall’Istat: diminuisce del 3,2% la spesa per la carne; aumentano le famiglie che hanno ridotto la quantità e la qualità dei generi alimentari acquistati (ormai pari al 65%); sono aumentate ancora le famiglie che si rivolgono all’hard discount per l’acquisto di generi alimentari.
Nel 2013, rileva l’Istat fotografando i consumi delle famiglie, la spesa media mensile per famiglia è pari, in valori correnti, a 2.359 euro (-2,5% rispetto all’anno precedente). Tenuto conto dell’errore campionario (0,6%) e della dinamica inflazionistica (+1,2%), la spesa è diminuita anche in termini reali. Il valore mediano della spesa mensile per famiglia risulta pari a 1.989 euro con una diminuzione del 4,3% rispetto al 2012, a conferma di quanto già osservato per la spesa media. C’è un punto nell’analisi dell’Istat che più di altri rende bene le conseguenze della crisi economica: “La spesa per alimentari è sostanzialmente stabile, passa da 468 a 461 euro, nonostante la diminuzione significativa di quella per la carne (-3,2%) e la messa in atto di strategie di contenimento della spesa. Nel 2013 – scrive l’Istat – continua ad aumentare sia la quota di famiglie che ha ridotto la qualità o la quantità dei generi alimentari acquistati (dal 62,3% del 2012 al 65%), sia quella di famiglie che si rivolge all’hard discount (dal 12,3% al 14,4%)”. In questo contesto diminuisce anche la spesa per beni e servizi non alimentari, in calo complessivamente del 2,7%: continuano a scendere le spese per abbigliamento e calzature (-8,9%), quelle per tempo libero e cultura (-5,6%) e quelle per comunicazioni (-3,5%).
La sostanziale stabilità della spesa alimentare, a fronte di una diminuzione di quella non alimentare, determina l’aumento della quota di spesa destinata ad alimentari e bevande (dal 19,4% del 2012 al 19,5% del 2013). Come nel 2012, spiega l’Istat, le famiglie mettono in atto strategie di contenimento della spesa: “la quota di quelle che riducono la qualità o la quantità di almeno uno dei generi alimentari acquistati passa dal 62,3% del 2012 al 65% nel 2013 e nel Mezzogiorno sfiora il 77% (era il 73%). In aumento anche la quota di famiglie che sceglie l’hard discount per l’acquisto di generi alimentari (dal 10,5% del 2011 al 12,3% del 2012 fino al 14,4% nel 2013), a scapito prevalentemente di supermercati, ipermercati e negozi tradizionali. Nel Mezzogiorno la percentuale di famiglie che acquista almeno un genere alimentare presso gli hard discount sale al 16% (era il 13,1% nel 2011 e il 14,6% nel 2012), ma è nel Centro che si osserva l’incremento più consistente (dal 12% al 15%)”.
Continua a scendere nel 2013 la spesa per l’abbigliamento e le calzature, che rappresenta il 4,6% della spesa totale: la flessione è più marcata nel Nord (dal 4,8% si scende al 4,3%) mentre è nel Mezzogiorno che più frequentemente si cerca di ridurre tali spese, tanto che più di un quinto delle famiglie dichiara di aver diminuito, rispetto all’anno precedente, la quantità di vestiti e scarpe acquistati e di essersi orientato verso prodotti di qualità inferiore (contro un 17,2% osservato a livello nazionale). Aumenta, dal 17% del 2012 al 18,8% del 2013, anche la quota di famiglie che li acquista al mercato (dal 13,6% al 15,6% a livello nazionale). Gli italiani spendono meno anche per tempo libero e cultura (la quota passa dal 4,2% del 2011 al 4,1% del 2012 e al 4% del 2013); le famiglie riducono soprattutto la spesa per praticare attività sportive e per l’acquisto di articoli sportivi, per cinema, teatro, giornali, riviste, libri, giocattoli, lotto e lotterie. E risulta in lieve diminuzione anche la spesa per gli abbonamenti televisivi.
Per Federconsumatori e Adusbef, “i dati diffusi oggi dall’Istat sulla contrazione della spesa delle famiglie nel 2013 non fanno altro che confermare una situazione gravissima, che denunciamo da tempo.Preoccupano in particolar modo l’aumento delle rinunce nel settore alimentare”. Le famiglie stanno cambiando in maniera drastica, affermano le due associazioni, per le quali “è necessario risollevare il potere di acquisto delle famiglie, estendendo la platea dei beneficiari del bonus di 80 euro anche a pensionati, incapienti e famiglie numerose. In tal modo, secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, i benefici sulla della domanda di mercato potrebbero far segnare una risalita vicina al +0,8 /+0,9%.Oltre a ciò, per operare un cambiamento radicale e duraturo, è necessario intervenire sul versante occupazionale, definendo un piano straordinario per il lavoro nel quale siano convogliati tutti gli sforzi e tutte le risorse necessarie”.
Coldiretti commenta i dati sottolineando che l’81% degli italiani non getta più via il cibo scaduto, con una percentuale che è aumentata del 18% dall’inizio del 2014. Quest’anno, rilevano gli agricoltori, si segnalano ulteriori segni meno nella spesa alimentare: le famiglie hanno ridotto i consumi di pasta (-5%), olio extravergine (-4%), pesce (-7%), verdura fresca (-4%) nei primi due mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del  2013. “Gli italiani nei primi anni della crisi – afferma Coldiretti – hanno rinunciato soprattutto ad acquistare beni non essenziali, dall’abbigliamento alle calzature, ma poi hanno iniziato a tagliare anche sul cibo con un crollo record del 2% della spesa alimentare primo bimestre del 2014 rispetto all’anno precedente”.
Lo stesso dato (meno 2% della spesa alimentare) viene rimarcato anche dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori, che spiega: “Anche in questa prima parte del 2014 i comportamenti d’acquisto delle famiglie sono improntati al massimo risparmio, con un ulteriore taglio del 2% alla spesa per cibo e bevande. Davanti al bancone del supermercato, l’85% degli italiani cerca di eliminare ogni spreco ed eccesso, comprando “quanto basta”, e il 58% opta per il prodotto con il prezzo più basso, scegliendo il brand solo se è in offerta speciale. Inoltre, il 49% dei consumatori ammette di sacrificare per primo pranzi e cene al ristorante, mentre il 21% ritorna al “fai da te” in cucina soprattutto per quanto riguarda dolci, pane e pasta ‘a mano’”.
In cinque anni la spesa delle famiglie è diminuita di 126 euro e gli italiani “sono ormai alla frutta”, commenta a sua volta il Codacons. La crisi economica, accompagnata da pressione fiscale in crescita, aumento della disoccupazione e perdita del potere d’acquisto, ha influito pesantemente sui consumi dei cittadini. “I dati Istat ci dicono che gli italiani sono ormai “alla frutta” – afferma il presidente Carlo Rienzi – ossia non comprano più perché non hanno soldi da spendere, e modificano in modo sostanziale i consumi alimentari, riducendo addirittura del -3,2% gli acquisti di carne. Per ridare fiato ai consumi la strada maestra è accrescere il potere d’acquisto delle famiglie, perché solo se le famiglie torneranno a spendere l’economia italiana potrà salvarsi”.


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