Frequenze televisive, Agcom approva regole per l’asta: escluse le Big
Via libera dall’Agcom alle regole per l’asta delle frequenze televisive del digitale terrestre. Ieri il Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha approvato all’unanimità il provvedimento definitivo che verrà trasmesso al Ministero dello Sviluppo economico che dovrà approvare il bando di gara e gestire la procedura. Per garantire una maggiore concorrenza, come chiesto dalla Commissione europea, solo chi già detiene al massimo un solo multiplex potrà concorrere per 3 lotti. Esclude quindi Rai, Mediaset e Telecom Italia.
Ci sono una serie di modifiche rispetto allo schema approvato lo scorso novembre. All’asta andranno frequenze che compongono 3 reti televisive digitali terrestri nazionali con un diritto d’uso ventennale. Per garantire un maggior grado di concorrenza e pluralismo nella diffusione dei contenuti, come richiesto dalla Commissione europea, il provvedimento consente di concorrere per tutti e tre i lotti (L1, L2, L3) ai soli nuovi entranti o piccoli operatori (cioè che detengono un solo multiplex) e per due lotti agli operatori già in possesso di due multiplex; limita ad un solo multiplex la partecipazione degli operatori integrati, attivi su altre piattaforme con una quota di mercato superiore al 50% della tv a pagamento; escluse dalla partecipazione alla gara gli operatori che detengono tre o più multiplex.
Per garantire una maggiore efficienza dello spettro sono state escluse dalla gara le frequenze dei lotti U di durata quinquennale. Si avvia così un percorso che dovrebbe portare a un riordino complessivo e di pianificazione delle risorse frequenziali nazionali assegnate alla TV digitale terrestre e di risolvere così alcune criticità in un orizzonte di breve-medio periodo. Si attende il bando del Ministero dello Sviluppo economico.
Dall’asta di quelle frequenze lo Stato ricaverà un piatto di lenticchie. Si fa ancora in tempo a utilizzarle per riparare quella schifezza di Piano di Assegnazione delle Frequenze che ha provocato la chiusura di 250 imprese televisive locali con 2800 lavoratori in cassa integrazione e un voluminoso contenzioso con l’estero. I pochissimi euro che entreranno nelle casse dello Stato, Passera lo sa ma tanto lui se ne va, non basteranno per ammortizzare il costo sociale della cassa in integrazione di quei lavoratori senza calcolare i danni provocati alle imprese. Riguardo allo sviluppo del digitale terrestre, per il quale l’Europa è tanto interessata (veramente è molto interessata la lobbi dell’elettronica) i cittadini non sanno ciò gli aspetta di qui al 2015 per via della introduzione della standard DVB-T2 per il quale saremo costretti a nuovamente rottamare i televisori e i decoder. Tutto ciò, naturalmente, andrà ad incidere sulla tasca degli utenti.